Ai tempi d’oggi, dove tutto corre molto velocemente, dove vige l’esigenza di essere sempre al passo coi tempi e predisposti ai repentini cambiamenti, poche cose resistono e rimangono ancora inalterate. Una di esse e’ senz’altro la Pizza.
Arrivata originariamente a Napoli, dalla Grecia, come una ricetta rudimentale, essa influenzò con la sua grande cultura la nuova città “Nea polis” e incominciò a tramandarsi nel tempo subendo il contributo che la genialità del popolo napoletano le seppe donare.
Fu’ cosi che il prodotto riconducibile per origine alla “Pita” greca, iniziò a subire dei profondi cambiamenti.
Grande influsso ebbe l’avvento del pomodoro.
Infatti la vera rivoluzione di quel candido disco di pasta si ebbe con la scoperta di quello che diventò in seguito, unitamente alla mozzarella ed al basilico, uno degli ingredienti più rappresentativi della pietanza (A’ pizz ca’ pummarola: recita una celebre canzone di Aurelio Fierro).
Precedentemente questo periodo, tra il 500’ ed il 600’, era usanza farcire la pizza con delle fantasie poco elaborate, principalmente per una marcata povertà dell’epoca.
E’ infatti riconducibile a quel periodo, una delle pizze napoletane più antiche: “la Mastunicola”.
La tradizione vuole che la premurosa moglie si preoccupasse di mantenere in forze il marito, data la natura faticosa del lavoro di muratore; fu così che pensò di preparare il pasto del marito aggiungendo al disco di pasta un po’di strutto, dei ciccioli di maiale, basilico, del formaggio e del pepe.
Questa pizza prese il nome di pizza alla Mastunicola ed e’ rimasta per tantissimo tempo nella tradizione della Napoli antica, anche se oggi, purtroppo, e’ andata persa. Antichissima e’ anche la pizza bianca ai “cicinielli”, i bianchetti di mare.
La pizza e’ quindi nata come un piatto semplice ed e’ cosi che, tuttora, nell’era delle “sofisticazioni”delle farciture, vive nel pensiero di un vero intenditore di pizza napoletana.
Essi riconoscono uniche ed incontrastate guardiane della tradizione la Marinara e la Margherita.
Quest’ultima, tipica del napoletano, e’ conosciuta in tutto il mondo essendo parte integrante dei menu’ delle pizzerie più blasonate e di quelle a caratura inferiore.
La Marinara e la Margherita sono l’icona della tradizione, quella stessa che che ci e’ stata tramandata dai nostri antichi maestri di pizza e che noi pizzaioli di seconda generazione abbiamo il compito morale di dover preservare.
Essa e’ presente in ogni sfaccettatura, soprattutto nel insegnamento.
Non a caso, a Napoli, si inizia dall’apprendimento del forno che e’ considerato un’arte nell’arte.
Soltanto in seguito, con la piena padronanza di esso, si affrontano altre materie quali la stesura del disco di pasta, la farcitura e l’impasto che tratterò in questa sede.
Impasto Pizza Verace Napoletana
Uno degli accorgimenti che rende una pizza d’autore profondamente diversa da una pizza mediocre è sicuramente l’attenzione, a mo’ di rituale, che un pizzaiolo napoletano presta al suo impasto.
Esso deve avere una ottima idratazione, una buona consistenza (punto di pasta) e deve permettere al pizzaiolo di lavorarlo in relazione alla manualità acquisita nel corso del tempo.
Un impasto ben idratato si presenta morbido, con una buona estensibilità e non appiccicoso alle mani.
L’impasto, nella scuola napoletana, viene realizzato tenendo in considerazione vari fattori: ambiente, il tempo nel senso meteorologico del termine, e l’orario entro il quale il lavoro avrà inizio.
Genericamente un impasto di tutto rispetto non lievita prima di 8/9 ore, fino poi a spingersi, per abilità del pizzaiolo, ad impasti con lievitazioni ancora più lunghe che possano toccare picchi di 12, di 18 ed anche di 24 ore a temperatura ambiente.
Non esistono delle regole precise.
La materia pizza e’ altamente soggetta a cambiamenti che, come già detto, dipendono da tanti fattori; primo tra essi l’ambiente dove si lavorerà la pizza.
Non esiste quindi un tempo standard di puntata (riposo dell’impasto prima dello staglio) oppure un tempo standard di appretto (lievitazione sino alla perfetta maturazione dei panetti nelle tavole).
Non esistono regole perchè “IL PIZZAIOLO E’ LA REGOLA!”.
E’ lui a dover essere in grado di adattarsi a tutti questi fattori; a dover capire e bilanciarsi con gli ingredienti, e sapere come comportarsi con l’impasto ( ad esempio in caso di una variazione di temperatura dovuta ad un cambiamento del clima durante la giornata).
Grande attenzione va messa sulla dosatura del sale e del lievito.
Facendo una rapida sintesi possiamo dire che ottenere una pizza di qualità dipende da una lunga lievitazione ed anche dall’uso ponderato di questi due ingredienti.
Per il sale si parte da un minimo di 45 gr. sino ad arrivare ad un massimo di 55 gr. per lt. d’acqua, invece la dose di lievito può variare da un minimo di 12 gr. a 2 gr. per lt. d’acqua.
Per quanto riguarda la farina, eccellente allo scopo e’ una ’00’ di qualità, con dosi variabili da 1650 gr. a 1750 gr. per lt.; tutto ovviamente a discrezione del pizzaiolo che dovrà conoscere forza della farina usata.
Spero che questo mio lavoro di base sia stato utile a quanti per la prima volta si avvicinano al mondo della verace pizza napoletana.
Ennio-PizzaStg
Il Maestro Ennio e una sua creazione(pizza Stella)
Ennio e il famoso pizzaiolo Starita, titolare della pizzeria dove fu girato il film “L’oro di Napoli” con Sofia Loren
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