Perché non può essere una pizza quella riprodotta nell’affresco recentemente riemerso a Pompei?
Che non si tratti di una pizza lo attesta il semplice fatto che a quel tempo la mozzarella e il pomodoro non esistevano. Guardando attentamente il dipinto di cui tanto si è discusso in questi giorni balza subito agli occhi la peculiarità dei prodotti adagiati sul disco di pasta cotto, cioè una focaccia.
Si riconosco infatti frutti come il melograno, datteri, corbezzoli, frutta secca, spezie, e, spalmato sull’antenata della pizza c’è forse anche un pesto di cui parlano le fonti letterarie, un battuto di erbe, aglio e formaggio chiamato moretum e indicato nel dipinto dai puntini color giallastro e ocra.
Non è una pizza napoletana quella rinvenuta negli scavi di Pompei
Insomma, nulla a che vedere con la pizza che conosciamo tutti e che si è guadagnata il riconoscimento dall’UNESCO, che colloca la pizza napoletana nell’Olimpo della cucina nazionale e internazionale, e identifica l’arte del pizzaiuolo napoletano come espressione di una cultura che si manifesta in modo unico, perché la manualità del pizzaiuolo non ha eguali e fa sì che questa produzione alimentare possa essere percepita come marchio di italianità nel mondo.
Specialità italiana tra le più amate e consumate al mondo la pizza riesce sempre a far parlare di se; basti pensare alle recenti polemiche suscitate dall’iniziativa del Ministero del turismo che per promuovere l’Italia all’estero ha tappezzato le principali stazioni e metro di tutto il mondo di manifesti raffiguranti la Venere di Botticelli con una pizza in mano.
Resta però il fatto che se difficilmente quella rappresentata può essere considerata una pizza a tutti gli effetti, il fatto che vi sia un pane sacrificale usato come contenitore o piatto (mensa, in latino) per altri cibi sembra confermato in un passo dell’Eneide di Virgilio (libro VII, v.128 gg.) dove l’autore descrive l’arrivo dei Troiani sulle coste del Lazio: “Enea, i capi supremi e Iulo si distendono sotto i rami d’un albero altissimo: preparano i cibi, mettendo sull’erba larghe focacce di farro come fossero tavole (consigliati da Giove), e riempiono di frutta i deschi cereali.
Dopodiché, consumati quei poveri cibi, la fame li spinse ad addentare le sottili focacce spezzandone l’orlo. “Ahimè – fece Iulo, scherzando – noi mangiamo anche le nostre mense”.
Non è una pizza, bensì una focaccia
L’affresco riaffiorato si trova nell’atrio di una casa dell’Insula 10 della Regio IX, in questo periodo di oggetto di ricerche; alla dimora era annesso un panificio, a sua volta esaminato a fine del 19° secolo e, recentemente, a partire dallo scorso mese di gennaio. La scena raffigurata riunisce una pluralità di elementi, in grado di fornire un’istantanea delle abitudini non solo alimentari proprie delle città dell’area vesuviana. Nel dettaglio, al di sopra di un vassoio in argento, si possono riconoscere un calice di vino e una ghirlanda di corbezzoli gialli, oltre a datteri e melograni.
Il perché della “Pizza” emersa dagli scavi di Pompei
Denominato xenia, questa natura morta rimanda alla tradizione dei “doni ospitali”, quelli che venivano offerti agli ospiti perseguendo un’abitudine risalente al periodo ellenistico (III-I secolo a.C.).
Nel complesso, nell’area vesuviana sono note circa trecento immagini analoghe; la particolarità dell’affresco rinvenuto di recente si deve anche alla notevole qualità della sua esecuzione. Precisa infine Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei: “Oltre all’identificazione precisa dei cibi rappresentati, ritroviamo in questo affresco alcuni temi della tradizione ellenistica, elaborata poi da autori di epoca romana-imperiale come Virgilio, Marziale e Filostrato. Penso al contrasto tra un pasto frugale e semplice, che rimanda a una sfera tra il bucolico e il sacro, da un lato, e il lusso dei vassoi d’argento e la raffinatezza delle rappresentazioni artistiche e letterarie dall’altro. Come non pensare, a tal proposito, alla pizza, anch’essa nata come un piatto ‘povero’ nell’Italia meridionale, che ormai ha conquistato il mondo e viene servito anche in ristoranti stellati.”
Monta la polemica
Anche il ritrovamento dell’affresco che riproduce quella che risulta essere una focaccia, e non una pizza, ha generato un vespaio di polemiche. Vuoi perché in molte pizzerie è stata inserita nei menù ma non alla voce “focacce” e, soprattutto, perché c’è chi giustamente sostiene che la pizza come la conosciamo noi sia nata a Napoli. Però, dal momento che il disco di pasta risulta essere invece farcito con frutta secca, spezie, pesto ed altro, questo particolare ha dato fiato a quanti sostengono che il ritrovamento dell’affresco smonti di fatto quella che essi ritengono sia una sorta di leggenda metropolitana.
Appuntamento quindi alla prossima inevitabile polemica, perché è risaputo che ai pizzaioli piace farsi del male.
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