Riduzione dell’inquinamento dei forni a legna, sotto accusa carbone e carbonella
Ci risiamo: ancora una volta ci troviamo a dover riportare la notizia che prevede una brutta fine per i forni a legna.
Il motivo? Inquinerebbero troppo; ed il rispetto, da parte dei titolari di pizzerie, dei limiti di emissione previsti dal decreto, comporterebbero, per questi ultimi, ulteriori costi e perdite di tempo (libretti di impianto-certificazioni ecc..) tali da farli propendere per l’utilizzo del forno elettrico.
Questo è quanto afferma l’ Unione Nazionale Consumatori.
L’ultima volta che normative UE , mentre questa volta è colpa di un decreto del presidente del Consiglio dei ministri (8-3-2002) entrato in vigore lo scorso marzo: l’articolo 6, comma 6, il quale prevede che i forni a legna di «mense, e altri pubblici esercizi destinati alla ristorazione» non devono sporcare l’aria e sono obbligati a rispettare determinati livelli di emissioni.
Sotto accusa gli ossidi di azoto, di carbonio, composti di cloro e altri.
I limiti di emissioni previsti dal provvedimento sono fissati a seconda della potenza complessiva dell’impianto e vanno da 150 a 100 milligrammi per metro cubo per l’ossido di carbonio; da 300 a 200 per gli ossidi di azoto; da 30 a 20 per il carbonio organico totale; 30 i milligrammi per metro cubo per i composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapori. Ristoranti e pizzerie che non dispongono di forni a legna ”ecologici” dovranno rinunciare al loro uso.
Entro il marzo 2006, secondo il decreto, i forni a legna dovranno essere adeguati a severi ”requisiti tecnici e costruttivi”. Inoltre, dal primo settembre prossimo, saranno vietati i forni a carbone e carbonella, «ma non è chiaro – dice l’Unione Consumatori – se questi combustibili potranno continuare a essere usati nelle grigliate dei camini di ristoranti e altri esercizi pubblici o mense collettive».
Va detto che, in virtù di una tradizione irrinunciabile, l’Unione consumatori e gli esercenti chiedono una deroga.
«Proibire o impedire l’utilizzo dei forni a legna per la cottura di pane e pizza, il cui riconoscimento dop deriva proprio da questo tipo di cottura, significa andare verso un mondo di prodotti industriali e standardizzati – dice Edi Sommariva, direttore generale di Fipe-Confcommercio – a danno delle tradizioni agroalimentari e delle tipicità del territorio condannate in questo modo a scomparire. È proprio a tutela della cultura culinaria da offrire al consumatore che concordiamo con la richiesta di una deroga per i forni a legna di ristoranti, pizzerie e panifici già così rari».
«Abbiamo avuto rassicurazione da parte delle imprese produttrici di forni a legna – sostiene l’avvocato della Fipe, Marcello Fiore – che i valori delle emissioni sono sotto i limiti fissati dal decreto. Non sono forni di acciaierie che funzionano a ciclo continuato. Questi forni hanno un tempo limitato e non consentono di arrivare a quei livelli».
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