Il coronavirus ha mietuto una vittima tra le eccellente delle catene di pizzerie in franchising, è infatti notizia di oggi che nel Texas Pizza Hut ha fatto ricorso al programma di protezione noto come Chapter 11, che possiamo sintetizzare in “piano di ristrutturazione dei debiti e rilancio industriale”.
Questa procedura viene attivata se l’impresa si trova in uno stato di insolvenza, ovvero si trova in una situazione di impossibilità finanziaria ad adempiere un’obbligazione pecuniaria o di altro tipo, e ha lo scopo di soddisfare i creditori a mezzo della liquidazione del patrimonio del debitore o della riorganizzazione dello stesso.
Il Chapter 11 è un concordato basato sugli accordi, un po come il nostro concordato preventivo, e, secondo la filosofia che caratterizza il sistema fiscale statunitense, è la migliore risposta rispetto alle prevedibili conseguenze in termini economici di una liquidazione dell’impresa in crisi.
Infatti il loro credo è “un business ha molto più valore da vivo, piuttosto che da morto”.
Una volta approvato dalla maggioranza dei creditori, il piano è valutato dal tribunale che a sua volta, optando per l’omologazione, di fatto esenta il debitore dai debiti pregressi.
Alcuni giornali hanno sparato la notizia in prima pagina con titoli ad effetto quali ‘bancarotta’ o ‘fallimento’ di Pizza Hut, ma lo stato delle cose al momento è diverso.
In sostanza seppur indebitata per oltre 900 milioni di dollari, la società che controlla il maggior numero di punti vendita Pizza Hut, nonché la catena di ristoranti Wendy’s, non è fallita; bensì ha richiesto di poter usufruire della procedura prevista dal diritto statunitense con l’obiettivo di garantire la continuità aziendale, per cui è lecito immaginare che l’operatività della società resterà garantita, e idem dicasi per le altre migliaia di pizzerie a marchio Pizza Hut gestite da altre società.
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