x bellini
le minkiate le stai dicendo tu perche' non vuoi ammettere,,,....tu che dici a me, un diplomato,uno che conosce 6 lingue di leggere??cosa leggere??Quello che ti fa comodo per giustificare???e poi io sto dove voglio..di certo tu non mi dici cosa fare....e rimanici nella tua splendida,umile germania! mi raccomando il congelatore..e' vitale per le sogliole! [26]
79.50.39.71
Guarda bellini ti chiedo per cortesia di stemperare ogni possibile polemica..stamattina non e' proprio aria....grazie per la comprensione.
79.50.39.71
Una nazione democratica, e un popolo libero e indipendente, non possono non conoscere la loro storia e non possono non pretendere di poter attingere a ogni notizia relativa al comportamento dei propri compatrioti in passato, in epoca di guerra e in epoca di pace. Questo libro di Del Boca ci aiuta molto, in questo senso, aprendo ferite antiche e recenti, esaminandole e nominandole. È un’operazione dolorosa ma necessaria; fertile di approfondimenti e di ricchi esami di coscienza. I nomi di Arbe, Gonars, Pontelandolfo e Casalduni, Debrà Libanòs e Lubiana, possono e devono, al termine dello studio del volume, significare altro. Devono significare coscienza e consapevolezza: devono significare studio e spirito critico. Perché se vogliamo domandare giustizia per quanto accaduto a danno dei cittadini giuliani, fiumani e zaratini, o per quanto accaduto nel corso della guerra civile in Italia (1943-1945), per prima cosa dobbiamo ammettere e riconoscere, con dolore e con maturità, le nostre colpe e le nostre responsabilità. Spero, da cittadino italiano, di aver accolto col giusto equilibrio e la solita onestà il messaggio di uno storico che appartiene, mi sembra di capire, a una parte politica che non apprezzo e non approvo. Ma proprio per questo, e forse a maggior ragione, ho attinto a questa fonte con passione e rabbia, disperazione e depressione, man mano che leggevo. Adesso so di essere più lucido e documentato su troppe questioni fondamentali per la mia formazione di cittadino e di letterato. Quindi, ringrazio.
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Lo storico Angelo Del Boca (1925), ex partigiano, narratore e saggista esperto di colonialismo italiano, pubblica “Italiani, brava gente?” esaminando la storia d’Italia dalla guerra al brigantaggio alla Seconda Guerra Mondiale; scopo del gioco è demolire il falso mito della bontà degli italiani, nato all’epoca delle prime guerre coloniali (1885), mostrando piuttosto quanto brutali siano stati i nostri compatrioti in diversi frangenti della nostra storia.
“Dopo i fasti della romanità era venuto il tempo dei secoli bui, appena interrotto dal miracolo del Rinascimento. Poi, di nuovo, era calata la notte su un’Italia divisa, anzi al massimo della sua frammentazione e impotenza, con governi alle cui corti si parlava francese, tedesco, spagnolo, ma non italiano” (p. 13), leggiamo nel primo capitolo. Infine, tra i vari progetti risorgimentali (Italia repubblicana di Mazzini, neoguelfa di Gioberti, federalista di Cattaneo e socialista di Ferrari e Pisacane) prevalse quello sabaudo di Cavour, imposto, scrive Del Boca, “con la violenza e con plebisciti truccati da un regno i cui codici legali e amministrativi erano tra i più arretrati della penisola” (p. 16). A quel punto serviva unificare davvero i tanti popoli che abitavano l’Italia.
Scriveva Martin Clark che fare gli italiani era un impegno formidabile: Nel 1871, eravamo “un mosaico di diverse società regionali, con economie e stili di vita lontanissimi, diverse culture, diverse storie e persino diverse pratiche religiose” (p. 30): analfabeti, ed estranei alla lingua italiana. L’istruzione elementare obbligatoria e la ferma obbligatoria di tre anni, nell’esercito, avrebbero progressivamente supplito a queste lacune.
Nelle antologie scolastiche, spiega Del Boca, predominava il modello Dio-patria-famiglia, con riferimenti ai valori civili, laici e militari (p. 33). Si insegnava agli adulti che “Volere è potere”: questo era il titolo di un libro di un certo Michele Lessona, nato sulla falsariga di “Self-Help” di Samuel Smiles; spiegava che si poteva raggiungere la fama a dispetto della povertà e delle difficoltà.
È su queste basi che poggerà la mistica dello Stato ideata dal fascismo: nata per forgiare un popolo prima non esistente, frammentato e incosciente, era, nelle parole di Emilio Gentile, “una nuova religione laica che sacralizzava lo Stato assegnandogli una primaria funzione pedagogica con lo scopo di trasformare la mentalità, il carattere e il costume degli italiani per generare un ‘uomo nuovo’, credente e praticante nel culto del fascismo” (p. 43).
Del Boca è convinto che “italiano nuovo” significasse, per Mussolini, “soldato nuovo”: più tenace, più aggressivo, addirittura “più crudele” (p. 44). Il nuovo popolo italiano, insomma, veniva unito e forgiato come popolo soltanto per poter essere mandato al macello con maggior convinzione; questa si direbbe la congettura di Del Boca. Il mito della nostra bonarietà, derivato dalla nostra antica gloria culturale, nasceva tuttavia all’epoca delle prime imprese coloniali, in Africa, nel 1885: sotto i Savoia. Negli anni Trenta, all’epoca dell’invasione dell’Etiopia, il mito era già corroborato da quasi cinquant’anni di propaganda; e questo a dispetto di quanto avvenuto in Libia.
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Torniamo indietro. Cosa anticipò le guerre in Africa? La guerra al brigantaggio. Del Boca virgoletta la parola “brigantaggio”: perché? Perché nelle regioni interessate al fenomeno, spiega, i briganti erano “un’infima minoranza, anche se aggressiva e crudele”. Chi, dunque, nel Meridione, combatteva contro la nuova Italia sabauda? “Almeno 10mila soldati dell’esercito borbonico (…), migliaia di braccianti senza terra e paesani che rifiutavano la leva obbligatoria e gli inasprimenti fiscali” (p. 57). Il movimento eversivo era nato in Basilicata nel 1861; s’era esteso in Irpinia, Sannio, Molise, Abruzzo, Puglia, Capitanata e Terra del lavoro. Si componeva, secondo alcune stime riferite da Del Boca, di 80mila gregari divisi in circa 400 bande. I soldati impiegati dai Savoia nella repressione passarono da 15mila a 116mila nel 1863.
Queste bande erano capaci di occupare villaggi e cittadine per giorni interi, uccidendo o sequestrando i liberali; tendevano a esibire le bianche bandiere dei Borboni. In cambio, le esecuzioni dei briganti avvenivano, tendenzialmente, nella piazza principale del paese. Perché tutti potessero vedere. Spesso, non erano nemmeno precedute da regolare processo. La guerra durò circa dieci anni, fino al 1870. Non mancarono episodi di violenza assoluta e gratuita per mano sabauda, come i massacri di Pontelandolfo e Casalduni, completi di saccheggio e stupri (p. 62): nascevano per rappresaglia, costituirono un focolaio d’odio. Sembra che i morti furono alcune centinaia; le fonti dell’epoca parlano di 164 persone. Non ci fu nessun processo.
Del Boca sostiene che si trattò di una guerra civile, insabbiata nei libri di scuola: “Non un cenno alla grande alleanza politica tra le classi dominanti del Nord e i latifondisti del Sud, a tutto danno delle classi subalterne”, chiosa. Insomma: ribelli, non briganti. Così andrebbero chiamati nei libri di storia.
Sembra che abbiano perduto la vita, nei primi 5 anni di guerra al “brigantaggio”, 5212 persone; 5044 furono gli arrestati e 3597 gli arresi all’autorità (pp. 65-66); secondo altre fonti (Carlo Alianello, “La conquista del Sud”), furono, in assoluto, 9860 i fucilati, 10.604 i feriti, 13.629 gli arrestati, a fronte di “alcune migliaia di morti” tra i soldati sabaudi. I briganti avevano infatti disposizione di uccidere, scannare e massacrare i prigionieri nemici, per impressionare i loro commilitoni.
In Africa, nel 1885, le tecniche furono le stesse: “abuso costante dei tribunali militari straordinari, fucilazioni sommarie, repressioni segrete seguite dalla scomparsa dei cadaveri, ondate di carcerazioni, deportazioni in Italia, mancato rispetto per le stesse leggi vigenti in colonia. Di nuovo, rispetto al Meridione, la precisa volontà di tenere le popolazioni eritree segregate nell’ignoranza e nella miseria” (p. 74), avallando, contrariamente a quanto raccontato in Italia, la permanenza dell’odioso fenomeno dello schiavismo.
Nelle prigioni eritree, nel 1890, riposavano 1500 detenuti locali, a fronte dei 200mila abitanti di quella terra. Nel penitenziario di Nocra – con tanto d’acqua razionata nei periodi di siccità, e lavori forzati nelle cave di pietra – i detenuti morivano di fame, scorbuto e di altre malattie. Chi cercava un’impossibile evasione veniva fucilato. Questo ameno luogo fu attivo tra 1887 e 1941; post Etiopia (1936) ospitò soldati e guerriglieri etiopi.
Undici anni dopo, ad Adua, finiva la prima, disastrosa esperienza coloniale italiana; 5000 morti, 2000 deportati, 10 milioni di lire versate per riscattare i prigionieri. Per la prima volta, un esercito africano sconfiggeva un esercito europeo. Nel 1900, non paghi, partimmo assieme a truppe di diverse nazioni per la Cina, con l’intento di aggiudicarci un porto e un pezzo d’entroterra nella futura grande colonia occidentale: ufficialmente, s’andava a reprimere la rivolta anticristiana dei “boxer”. Andarono 83 ufficiali, 1882 soldati e 178 quadrupedi. Francesi, tedeschi, americani, inglesi, russi, austriaci, italiani e giapponesi – come racconta Barzini (p. 97) – saccheggiarono e depredarono quanto poterono; l’impresa, per l’Italia, si concluse in pura perdita. La Cina non rese mai una lira all’erario, rispetto ai patti (indennizzo di guerra); il terreno conquistato, Tianjin, 17mila abitanti, era un’area paludosa completa di “lurido villaggio di 700 tuguri di fango” (p. 100).
Nuovo obbiettivo dell’Italia giolittiana fu la Libia. A convincere gli italiani che l’occupazione della “quarta sponda” rientrava “negli inviolabili diritti di Roma e negli incancellabili disegni del destino, ci pensavano i nazionalisti e gli organi della grande stampa” (p. 105). Del Boca è convinto che non ci fosse nessuna giustificazione per l’impresa libica: “C’era soltanto il desiderio di menare le mani, di fare la guerra, una qualsiasi, di imporre la propria volontà agli altri, di distruggere, di darsi al saccheggio” (p. 107); assieme, c’era la speranza d’essere accolti come liberatori dopo secoli di dura dominazione ottomana. Non fu esattamente così: al fianco dei turchi combattevano gli arabi, “non soltanto i guerriglieri giunti dall’interno, bensì gli stessi abitanti dell’oasi e di Tripoli” (p. 110).
Gli arabi non facevano prigionieri. “I nostri morti di Sciara Sciat giacciono insepolti dovunque; molti sono inchiodati alle piante di datteri come Gesù Cristo. A molti gli hanno cucito gli occhi con lo spago; molti sono stati messi sotto terra fino al collo, si vede solo la testa; moltissimi hanno avuto le parti genitali tagliate” (pp. 110-111). 21 ufficiali e 482 soldati caddero nella battaglia di Sciara Sciat; altri a Tripoli.
Rappresaglia italiana: dai 1000 ai 4000 morti arabi (dipende dalle fonti), con tanto di esibizione di quindici morti nella Piazza del Pane di Tripoli, perché servisse da esempio. Quella delle forche fu un’abitudine (p. 112). Tra 400 e 4000 (dipende dalle fonti) soldati nemici furono deportati in Italia: il numero esatto è difficile da decifrare per via del fatto che non venivano identificati al momento dell’imbarco. Tra loro, donne, bambini e ragazzi, vecchi e mendicanti. Nelle nostre carceri morivano di tifo, vaiolo, colera.
La guerra libica ci costò 3431 morti e 4220 feriti. Nell’entroterra, i guerriglieri arabi diventavano, post annessione della Libia all’Italia, “ribelli”. Sanzione prima, post arresto, la forca (p. 116). Era il 1912. Piena italia sabauda. La rivolta libica sarebbe terminata nel 1915, costandoci – sembra – 10mila morti. Più dei caduti di Adua. Chiosa Del Boca: “Così finiva, nel sangue e nella vergogna, il primo tentativo di occupare la Libia. Era durato quattro anni. Per raggiungere l’occupazione integrale della ‘quarta sponda’ sarebbero occorsi altri diciassette anni e l’annientamento, in combattimento e nei campi di sterminio, di un ottavo della popolazione libica” (p. 121).
Nel 1915 entrammo in guerra per decisione del Re, del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri; il parlamento non venne interpellato, così il popolo. Tuttavia – è bene ricordarlo, perché Del Boca dimentica di farlo – si andava a combattere per restituire alla patria le città di Trento e Trieste, l’Istria costiera, Fiume, Zara: città storicamente venete, etnicamente, e quindi italiane. Non mancarono enormi manifestazioni di entusiasmo popolare a sostenere la spedizione. Chiaro che fu dolorosissima, massacrante, triste, diretta da chi, come Cadorna, si dimostrò sinistro macellaio più che grande stratega: nella Prima Guerra morirono 652mila italiani; 450mila furono gli invalidi; il debito pubblico salì a 157 miliardi di lire. Ma è da quel sangue che deriva, ad esempio, la mia presenza come italiano nel 2009, qui tra voi. La presenza mia e quella di centinaia di migliaia di altre persone che non potranno che essere riconoscenti al sacrificio dei loro patrioti, e non intendono sporcarlo con un socialismo retrospettivo, o un pacifismo d’accatto. L’alternativa – cadendo l’Austria – sarebbe stata quella di slavizzarci, al confine orientale. Trent’anni dopo, la tragedia della slavizzazione/comunistizzazione forzata ha causato quel che sappiamo: 300mila esuli, migliaia di infoibati. Del Boca dovrebbe andarci cauto.
Del Boca racconta una pagina nera della Prima Guerra Mondiale: sulle pendici del Mrzli, presso Tolmino, alcuni civili sloveni, sospettati di avere assassinato dei feriti italiani, vennero fucilati (p. 131); la vicenda è documentata da un certo J.R. Schindler, in “Isonzo” (LEG, 2002). Mi piacerebbe saperne di più.
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Al termine della guerra, salvo l’Eritrea, la colonia libica era in condizioni disastrose, quella somala in condizioni critiche; Del Boca racconta prima delle repressioni anti-somale, accennando alla “più abietta schiavitù” mantenuta dal regime; quindi – siamo entrati nel ventennio fascista – alle operazioni condotte da Graziani in Libia. La vergogna, ancora non adeguatamente interiorizzata dalla nostra memoria collettiva, è quella dei campi di concentramento del Sud bengasino e della Sirtica: sei lager da 78.313 cirenaici, più altri campi minori da 12.448; inclusi i caduti per malattia e denutrizione durante la deportazione, si arriva a 100mila persone. Dei 100mila prigionieri, 60mila sarebbero tornati a casa nel 1933.
Del Boca: “In nessun’altra colonia italiana la repressione aveva assunto, come in Cirenaica, i caratteri e le dimensioni di un autentico genocidio” (p. 179): la popolazione cirenaica era scesa in vent’anni di 60mila unità, 20mila costrette all’esodo in Egitto, 40mila “per i rigori della guerra, della deportazione e della prigionia nei lager”.
1935. Invasione dell’Etiopia. Scopo del gioco, “vendicare Adua” e dare agli italiani “un posto al sole”: ossia, spiega Del Boca, “finalmente un paese ricco e fertile, non più una collezione di deserti (…). Una nuova frontiera per chi amava l’avventura” (p. 187); al contempo, significava diventare impero coloniale come Francia o Gran Bretagna, per non essere secondi alle grandi potenze. Il giovane Montanelli, all’epoca, ringraziava il “Gran Babbo” per questa guerra, che sentiva come “una bella lunga vacanza in premio di tredici anni di scuola. E, detto tra noi, era ora” (p. 191).
Scrive Del Boca che il fascismo insegnava “disprezzo dell’avversario, assenza di pietà, inclinazione allo sterminio, esaltazione della bella morte” (p. 188): in questo senso, bella morte esclusa, era come il bolscevismo. Sprezzante dell’avversario, estraneo alla pietà (genocidio ucraino in primis), inclinazione allo sterminio (non per razza ma per censo: kulaki), mancava forse dell’esaltazione della bella morte. Tragedia del nostro maledetto Novecento è questa somiglianza speculare tra ideologie nemiche. Andrebbe rimarcata.
Del Boca riferisce che fu Mussolini ad autorizzare l’uso delle armi proibite dalla Convenzione di Ginevra, ossia i gas tossici. Il problema è che diverse delle fonti nominate le ha soltanto Del Boca, nei suoi archivi; nemmeno Montanelli ha mai ricordato e testimoniato l’uso di armi di questo genere. Secondo Del Boca Montanelli è stato un “negazionista” (p. 197) si
Nel tentativo di piegare la "Resistenza Partigiana Jugoslava" , gl'italiani approfittarono del "Grande Odio" intercorso fra i "Comunisti" e i due "Maggiori Gruppi Etnici Jugoslavi" : i "Cattolici Croati" e i "Serbo-Ortodossi" . Quest'ultimi due, uniti tra loro dall'odio per i "Partigiani Comunisti" , infatti, affiancarono l' "Esercito Fascista Italiano" in "Massicce Azioni di Repressione" contro la "Resistenza Partigiana" . Questi "Gruppi Estremisti", con l'aiuto dei "Potenti Mezzi" "Posti a Loro Sostegno" dalle "Truppe Italiane" , fecero crescere, ancora di più, il "Livello di violenza" scatenato contro la "Popolazione Civile". Il gruppo dei Cattolici Croati, (altrimenti detti " Ustascia"), erano guidati da Ante Paveli?, (Bradina, "Impero Austro-Ungarico", odierna Bosnia-Erzegovina, 14 luglio 1889 - Madrid, 28 dicembre 1959), politicamente cresciuto all'ombra del "Fascismo Italiano" . Quest'ultimo diede inizio a una "Sanguinaria Pulizia Etnica" su tutto il territorio della "Nuova NDH(Nezavisna Država Hrvatska") . I suoi uomini, infatti, uccisero, tra "Campi di sterminio" e "Incursioni", più di "Mezzo Milione di Persone" tra "Serbi", "Zingari" ed "Ebrei" . I "Metodi d'Uccisione Preferiti" erano, per lo più, due: l'"Uccisione a Colpi d'Accetta" o l'uccisione tramite "Tremendi Colpi di Manganello". Anche i "Tradizionali Nemici" dei Cattolici Croati, i Serbo-Ortodossi avevano le "Proprie Frange Estreme" chiamate i " ?etnici" Quest'ultimi, in particolare, avevano "Solennemente Giurato" di non "Radersi la Barba", finché non fosse restaurata la monarchia in Jugoslavia. Gl'italiani, in cambio del loro appoggio, diedero, a questo "Sanguinario Gruppo" d'"Estremisti Monarchici", il "Pieno Controllo" della "Parte Meridionale" del "Territorio Montenegrino". I "Leaders ?etnici", infatti, firmarono un vero e proprio "Patto d'Alleanza" con il "Governatore Militare Italiano" del Montenegro: il "Generale Alessandro Pirzio Piroli" . Quest'ultimo, inoltre, aveva un "Comprovato e Viscerale Odio" nei confronti dei "Montenegrini". Egli, infatti, disse una volta: "Soldati d'Italia che state Combattendo in Montenegro Odiate questa gente; questo è il Popolo contro cui abbiamo Combattuto per Secoli sulle Sponde dell'Adriatico Uccidete, Sparate, Bruciate e Distruggete questa Gente. Ricordatevi che il Nemico è Dappertutto. Sappiate che è meglio essere Temuti, che Disprezzati". Mussolini, invece, una volta disse in un suo discorso: "So che siete dei Buoni Padri di Famiglia; Questo va Bene a Casa, ma non Qui, Qui non Sarete mai Abbastanza Ladri, Assassini, Stupratori". La "Violenza Indiscriminata" turbava, infatti, gli animi di molti soldati italiani. Tutto ciò è dimostrato anche da quello che scrisse un soldato italiano, di nome Mario Casanova, nel suo diario scrive: "Ci siamo fermati in un Pezzo di Terra che era sollevato come un Palcoscenico con diversi uomini che stavano in fondo inginocchiati con la schiena rivolta verso il Plotone di Esecuzione. Improvvisamente è scoppiato l'inferno. Urlavano con voci stridule Strozzati dal Terrore come l'ululato di un Animale Terrorizzato. Improvvisamente il rumore delle voci è stato spazzato via dal fuoco dei fucili che a noi sembrò come un colpo allo stomaco; pochi caddero, perché i soldati non volevano Colpirli, non volevano Ucciderli. Le Grida iniziarono di nuovo, ora mescolate con i lamenti dei feriti; Sparammo di nuovo e gli altri caddero, alla terza scarica erano tutti per terra. I Soldati e gli Ufficiali scomparvero come per Magia. Non so cosa sia successo poi. Tutti se n'erano andati ma io sono rimasto e come in un Sogno mi sono ritrovato sul palcoscenico con la pistola in mano, ho sparato nella nuca di un uomo che mi era più vicino e sono rimasto con il dito sul grilletto anche dopo aver finito tutti i colpi. Non ricordo niente di cosa è successo dopo". Zola Genazzini, soldato nel "Quinto Reggimento d' Artiglieria degli Alpini" Stanziato in Montenegro, ha "Ricordi molti Vivi" del suo servizio militare in quel paese. Egli ricorda che un giorno, insieme al suo "Attendente", assistette a una "Raccapricciante Scena": due "Artiglieri" stavano portando, un partigiano appena arrestato, al "Comando di Divisione". Quest'ultimi, però, mentre si stavano incamminando, all'improvviso arriva il "Maggiore Ricci" che vede il "Prigioniero" afferrando il "Moschetto" di uno dei due soldati, lo carica e dice gridando: "Ecco come si Devono Trattare questi Delinquenti, questi Improperi". "In quel Momento l'Uomo era tra me e il mio Attendente, ma Leggermente più Avanti rispetto a noi". Il Maggiore Ricci gli Sparò un Colpo e lo prese in un Occhio". "Noi Dietro fummo Investiti da Cervello e Sangue, perché il Cranio Scoppiò". Genazzini, in una sua intervista, afferma, infatti, che lui e il suo attendente in tale occasione, rimasero "Esterrefatti". Il "Partigiano Ribelle", naturalmente, era morto in una "Pozza di Sangue". Sebbene, molti soldati e ufficiali si rifiutassero di commettere questi "Orrendi Massacri", spesso non c'erano alternative. Molti "Fanatici Fascisti", però, sembravano considerare, tutta quella "Indicibile Violenza", come "Qualcosa di Normale" di cui "Compiacersi a Casa" nelle "Proprie Lettere"; una "Camicia Nera", per esempio, (il primo luglio 1942), scrive alla famiglia facendo un "Agghiacciante Racconto": "Abbiamo Distrutto Tutto da Cima a Fondo senza Risparmiare gli Innocenti; ogni Notte", in quest'ultimo periodo, abbiamo Ucciso Famiglie Intere; Picchiandoli a Morte o Sparandogli. È Sufficiente che Faccino un Movimento e gli uccidiamo Senza Pietà; e se Muoiono, Muoiono"! "Questa Notte ci sono stati Cinque Morti: Due Donne, un Bambino e due Uomini".
Le "Rappresaglie Fasciste", in quella parte del mondo, erano ordinate dal "Generale Mario Roatta"; quest'ultimo, infatti, in una "Sua Circolare" dichiarò: "No! Occhio per Occhio, Dente per Dente, piuttosto una Testa per ogni Dente"! Lo "Storico-Scrittore": Giacomo Scotti, afferma in una sua intervista, che: "Secondo una Stima della Commissione Jugoslava di Stato per i Crimini di Guerra, pubblicata nel 1946, le Truppe Italiane d'Occupazione in Jugoslavia, Sarebbero Responsabili della Morte di 500.000 Jugoslavi". Scotti, però, come tanti altri suoi colleghi, non è affatto d'accordo con questa cifra perché corrisponderebbe, se fosse vera, a "Quasi l'80% della Popolazione della Slovenia, del Montenegro e della Dalmazia"; questa "Straordinaria Entità di Morti", quindi, può dirsi scientificamente improponibile; "Anche se", continua dicendo Scotti, "In Questa Cifra vengono Considerati anche i Partigiani Caduti nelle Grandi Operazioni Militari". Tutta quest'"Orribile Vicenda Storica", in ultima analisi, serve a dirci "Chi sia Stato un Criminale e chi Non Lo Sia Stato, perché Diecine di Migliaia di Persone, Forse Centinaia di Migliaia di Persone, sono state Uccise, Massacrate e non in Combattimento, ma a Sangue Freddo"; forse soltanto esaminando, tutto ciò, (e molto altro ancora), con lo "Sguardo Gelido e Attento" del "Positivismo Storico", noi riusciremmo un giorno a portare alla luce tutta la "Realtà Storica Fattuale" che è la "Radice" e il "Cuore" di tutta la "Cultura Umana". I "Criminali di Guerra Italiani", al termine del "Secondo Conflitto Mondiale", erano molti; comunque, i più "Ricercati", sono stati il Generale Mario Roatta, ("Assassinio, Massacro" e "Terrorismo Sistematico"), il Generale Alessandro Pirzio Piroli, ("Assassinio, Terrorismo, Tortura di Civili" e "Uccisione d'Ostaggi"); nel mondo però, i criminali di guerra italiani, purtroppo, sono stati "Ricercati" quasi dappertutto. La "Maggior Parte" di essi, però, sono stati ricercati per crimini commessi in Africa e nei Balcani da quasi tutti i "Governi del Mondo". Il "Numero Complessivo" di ricercati, dell'epoca, era 1283. Questo numero, per fortuna, oggi, sembra, essersi fermato; il "Numero Complessivo" dei "Criminali di Guerra Internazionali", invece, sembra aumentare in "Maniera Esponenziale" e aumenta anche, purtroppo, il "Grado della Loro Impunibilità".
93.244.212.7
come puoi notare non solo i tedeschi ma anche gli italiani non furono santi,allora invece di guardare indietro che non é conveniente a nessuno,é meglio guardare avanti ad un futuro migliore [28]
93.244.212.7
...perché qui non parliamo di Pizza?
(ci sono forum di Storia, di Filosofia, di Hardware e Software, di Notebook, di di Gossip, di Musica Celtica... se abbiamo voglia di leggere di queste cose le cerchiamo altrove, no?)
88.56.48.210
Ho due fantasie da sempre: )la prima e' vedere il mondo unito, con una sola lingua, una sola moneta, ricchezza e prosperita' per tutti.
La seconda e' morire a 107 anni con affianco una bella ragazza di 25 che mi fa' le coccole mentre sorseggio un bicchiere di cannonau e mangio formaggio marcio.
Altro che guerre e az vari. [26]
62.47.6.87
hai ragione ziotibia,ma questo odio verso i tedeschi da parte di alcuni signori qui nel forum,fa scappare la pazienza,che oltretutto non conoscono la storia [28] e cmq nella vita non bisogna guardare mai indietro ma sempre avanti,siamo nel 2010 e bisogna sperare che non scoppi mai piú una guerra,perché i crimini sarebberó ancor peggio di quelli di 60 anni fá [40] Buon lavoro a tutti [41]
93.244.212.7
[26] stavo a leggere i primi righi quando mi so accorto che gli hai sctatenato l inntera inciclopedia..
sei mitico nce niente da fà [27] [25] [26] [26]
cmq tifo docland ( o cm si scrive) in quanto sono nato e vissuto fino all eta di 5 , 6 anni.. e metà razza vive ancora là..
Xò senza denigrare nessuno.. se nn la politica sbagliata e gente varia...
ke rovina questa ns. bella "perla" nl mondo kiamata ITALIA.. dobbiamo far tesoro da chi ha prospettive migliori e nn stare a aspettare ke le cose si aggiustano da sole.. bisogna aggire e nn aspettare ke un miracolo cade sulle propie teste.. non avverra mai.. e se a mè.. capita una buona offerta nn ci penso 2 volte a rifarmi una vita ke stare a fa la fame aspettando ke lo stato o qualc uno fà qualcosa x il propio paese.. siamo sinceri stiamo messi molto male un pò tutti e le cose andranno sempre peggio.. le tasse in primis.. tra le più alte in europa! ripeto amo l ITALIA come luogo (non la disprezzo )e non come gestita..
saluti a tutti
93.43.232.118
Eja Giusè, deu puru... [4]
217.133.54.87
Io non ho niente da imparare e sono stufo dei tuoi copia e incolla...a me i tedeschi non sono simpatici..anzi...a te piacciono? stai li! stop
79.50.39.71
maxi, siamo anche il popolo piu' longevo del mondo. forse 107 e' poco.
62.47.6.87
sono d'accordo per il cannonau e il formaggio... dopo però ci sta bene una bella seadas [24]
79.19.142.192
a me invece urta questo tuo difenderli...e portali come degli dei...ma chi sono questi tedeschi???hanno perso anche la guerra! [27] [26] [28]
79.50.39.71
ma questa persona ha la presunzione di fare copia incolla di vicende storiche...se poi io ignoravo queste materie aspettavo lui ed i suoi copia e incolla...con tutto quello che esiste oggi,tipo History Channel su Sky.....ma mi faccia il piacere [27] [26] [26]
79.50.39.71