...MA TANT'E'...FINTANTOCHE' LA cd massa riterrà sufficiente la pasta al tonno scondita pur di nn avere seccature...
Dall’ultimo rapporto della Uil si evince che questa è l'Italia dei Domenico Scilipoti"
Non vi piacciono le teorie, le analisi, le impressioni? Non vedete l’ora di schierarvi (non tutti spero, per carità) pro o contro il caimanuccio? Proviamo allora con i numeri. Dall’ultimo rapporto della Uil, non esattamente un sindacato sulle barricate: negli ultimi dieci anni, compresi quindi quelli in cui le fasce più deboli si sono miseramente impoverite, la spesa per la politica in Italia è cresciuta del 40%. Circa 664 euro a contribuente. Il costo complessivo è annualmente oggi di 24,7 miliardi di euro, dallo Stato centrale alle Regioni passando per le auto blu, quindi una Finanziaria monstre. Equivale al 2% del Prodotto Interno Lordo italiano. Questa crescita vertiginosa non ha eguali in alcun Paese europeo.
Nota: da anni vado scrivendo che questa non è più politica da un pezzo, che la classe dirigente, politica in senso stretto (vedi le cifre summenzionate) e in senso lato, del potere italiano più composito, non fa politica “etimologicamente” intesa, la polis, diritti e doveri, valori e programmi ecc., ma solo affari. Riscuote i dividendi della maggioranza e quelli dell’opposizione. Ancora dal rapporto Uil: lo Stato centrale (Presidenza della Repubblica e del Consiglio, Camera, Senato, Indirizzo politico dei Ministeri, Corte Costituzionale) secondo il bilancio preventivo dello Stato quest’anno ci costerà, dico a noi che paghiamo le tasse anche per gli evasori, oltre 3,2 miliardi di euro. Per il solo funzionamento di Palazzo Chigi per il 2011 sono previste spese per 477 milioni di euro. Per gli organi di Regioni, Province (ma non si dovevano abolire, nei programmi elettorali di qualcuno ?) e Comuni costi per 3,3 miliardi di euro.
Riferendoci al 2010 il solo costo per il funzionamento di Consigli e Giunte Regionali è stato di circa 1,2 miliardi di euro, con in testa la Sicilia (158 milioni) seguita dal Lazio (128). Vi risparmio la vergogna dei numeri delle auto blu, su cui sono già tornato più volte anche qui. Nessun paese al mondo si può permettere questi costi della politica e un numero di persone così elevato che ne vivono a spese degli altri, una moltitudine, a maggior ragione se non si tratta di politica ma di “politica politicante ed esercente” come la chiamo da alcuni anni nei miei libri, cioè di “Affari” che impiastricciano e condizionano materialmente e moralmente la vita quotidiana di tutto il Paese. Dice: ma non hai ancora nominato Berlusconi, siamo preoccupati. Tranquilli, non ce n’è motivo. La maggioranza ha fatto passare alle Camere con la fiducia (a Montecitorio 300 contro 277 perché qualcuno della maggioranza ma anche “curiosamente” molti dell’opposizione) il cosiddetto decreto Milleproroghe, fonte di polemiche e discussioni con il Quirinale.
Decisivo il gruppetto dei cosiddetti “Responsabili” genere Scilipoti, ideologi che cambiano casacca omologhi al potere ovunque si trovi, un potere fatto di OGM e non più di umani accettabili. Tanto “responsabili” appunto che nel decreto è rimasta la norma salva-banche, quella che tiene a bada le cause dei consumatori/clienti contro l’anatocismo, cioè gli interessi sugli interessi che gli istituti di credito hanno chiesto fino al 2000. Sono tanti soldi, che forse farebbero comodo a tanti risparmiatori, di destra e di sinistra, non appartenenti al censo dei ricchi o dei benestanti di cui mi occupo così spesso qui.
Il Milleproroghe ha stabilito che i diritti si prescrivono dopo dieci anni dall’annotazione in conto corrente e non dal giorno di chiusura dello stesso come ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione. Come la mettiamo con tutti coloro che vogliono (giustamente) che si parli del signoraggio bancario e di tutto ciò che si ricollega a questo cappio che economicamente ci strangola da sempre ma ancora di più in questi ultimi anni di crisi? C’entra Berlusconi (in Aula a votare, per di più) oppure no? C’entra l’opposizione che comunque al governo sia pure per poco c’è stata e adesso non vota neppure compatta contro, oppure no? C’entrano questi numeri con la mia valutazione sul precipizio italiano, oppure no?
Ultimi numeri, risparmiandovi la considerazione che di tutto questo non si parla mai o quasi e comunque mai in modo evidente, con battaglie serie, né l’altra considerazione che il costo mostruoso della politica si ricollega all’imprenditoria che riscuote stock option mentre licenzia e appunto alla Finanza che si porta sempre a casa il tesoretto, mentre per Berlusconi and family le entrate sono sempre floride e lui fa il Presidente del Consiglio. Ma forse è un caso, e le cose non c’entrano con il conflitto di interessi del Caimano ma anche di molti, troppi altri.
Dal primo giugno del 2010 al 22 febbraio scorso, su titoli, sommari, occhielli e articoli dei principali quotidiani italiani la parola “prostituzione” è uscita 3142 volte. E’ poco, è tanto, dipende dalla commistione tra sesso e potere evidenziata dalle intercettazioni e dai processi, se mai ci saranno? E’ comunque dieci volte di più di un periodo di riferimento simile tra il 2004 e il 2005, quindi un lustro abbondante di precipizio italico. Anche questi sono numeri. Chi ha voglia di farci un pensierino sopra?
01 marzo 2011