Produzione...
«Produzione quasi ferma»
Italia superata da India e Corea del Sud
Il rapporto dell'associazione degli industriali: «Paese schiacciato tra recessione violenta e ripresa lenta»
per produzione «l'Italia scivola alla settima posizione dalla quinta»
«Produzione quasi ferma»
Italia superata da India e Corea del Sud
Il rapporto dell'associazione degli industriali: «Paese schiacciato tra recessione violenta e ripresa lenta»
MILANO - Dopo il primo semestre 2010, la fase di recupero post-crisi in Italia ha subito una brusca frenata. «La produzione industriale italiana è quasi ferma ai livelli dell'estate 2010», con un +0,1% di crescita media mensile da luglio 2010 a marzo 2011, «e dista dal massimo pre-crisi (-26,1%) ancora molto, -17,5%». È quanto rileva il rapporto sugli scenari industriali del Centro Studi di Confindustria. Il quadro tracciato nel rapporto è quello di un Paese «schiacciato tra recessione violenta e ripresa lenta». Per forza industriale «L'Italia è scalata dalla quinta alla settima posizione, superata da India e Corea del Sud, avendo perduto 1,1 punti di quota», rileva il Centro Studi. Che avverte: con una quota del 3,4% della produzione manifatturiera globale, l'Italia «è ora a solo due incollature sopra il Brasile,che viaggia ad una velocità molto più sostenuta».
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LA «SCALATA» DEI PAESI EMERGENTI - L'Italia resta sì «ad alta vocazione industriale ma spicca per la flessione dell'attività registrata nell'ultimo triennio (-17% cumulato), doppia o tripla di quelle delle maggiori concorrenti (peggio ha fatto solo la Spagna)», spiega viale dell'Astronomia. I nostri imprenditori «devono essere tre volte più bravi degli altri» per sopravvivere «in un contesto competitivo così carente», è il commento del direttore del centro studi, Luca Paolazzi. Il centro Studi di Confindustria sottolinea, con il rapporto sugli scenari industriali, «la scalata» dei Paesi emergenti per quota di produzione manifatturiera. L'Italia, che nel 2010 scivola dal quinto al settimo posto, resta il secondo Paese in Europa dopo la Germania (che resta al quarto posto ma, al 6%, perde 1,5 punti di quota). La Cina che «ha guadagnato 7,6 punti», con una quota del 21,7% conquista la prima posizione (era seconda) scalzando gli Stati Uniti (15,6%). Con la crisi, «tre soli paesi avanzati sono riusciti a reggere allo scossone: Giappone, che ha conservato la terza posizione e ha addirittura migliorato la quota al 9,1%; Corea del Sud, che ha scavalcato l'Italia e si è portata al sesto posto ma con una quota calante dal 3,9% al 3,5%, e Australia, diciottesima, più tre scalini all'1%». «Solo il tempo», indicano gli economisti di Confindustria, ci dirà quali effetti avrà il terremoto di marzo 2011 sulle produzioni in Giappone. L'India ora incalza la Germania, forte di «una veloce espansione economica». Confindustria evidenza anche le «rilevanti» perdite di quota di Stati Uniti (-2,6 punti), Francia (-0,9), Regno Unito (1,0), Spagna (-0,7), Canada (-0,5). Mentre «tiene l'Olanda (-0,1)». E «nel complesso l'Ue-15 scende dal 27,6% al 21,2% (-6,4 punti)».
Uno stabilimento automobilistico |
...caro Fabrizio anche qui hanno riportato la notizia da te segnalata, ha fatto clamore perche' anche il Messico ha sorpassato l' Italia.....nonostante qui si stiano massacrando per colpa della lotta al narcotraffico
salutoni
Carissimo Fabrizio non tutta l'Italia cammina come i gamberi...prendi nota di quanto ti copio/incollo
"Questo dato è in se estremamente rilevante e non solo ci rende orgogliosi, ma conferma che la forza del nostro territorio e il suo sostegno economico stanno prima di tutto nel tessuto industriale e nelle competenze diffuse che gli permettono di essere competitivo - commenta il Presidente di Confindustria Lecco, Giovanni Maggi. - È interessante anche notare che, sempre secondo i dati del Centro Studi, se la vocazione industriale dell'area di Wolfsburg in Germania, prima nella classifica europea, è dieci volte più alta della media europea, Lecco è comunque 2,3 volte sopra la media europea".
"Queste rilevazioni, assieme a quanto visto con le più recenti indagini congiunturali del nostro Ufficio Studi, e cioè che domanda ed attività produttiva mostrano lievi ma costanti propensioni di crescita - afferma ancora Giovanni Maggi - ci spingono ad insistere su un aspetto fondamentale sul quale chiediamo da tempo che si concentri l'attenzione: l'industria è la forza motrice del territorio e di questo Paese. È inammissibile che di fronte a questo non ci si decida ad attuare una vera politica industriale e non ci si chieda, come ci chiediamo noi oggi: se in queste condizioni otteniamo questi risultati, dove potremmo arrivare se potessimo operare in condizioni diverse, non certo con agevolazioni e sussidi che non abbiamo mai chiesto, ma con un fisco diverso, infrastrutture diverse, un apparato burocratico diverso?".
Ciao
....Fabrizio fa un discorso nazionale, non le scopriamo oggi le realta' industriali del nord iTALIA.....immagina senza quelle che fanno da traino come sarebbe ridotta la nostra amata madre patria....
Esatto,meno male che c'é il veneto,il friuli,alto adige che fanno da trainoaltrimenti povera italia,proprio oggi leggevo un articolo che a quanto pare in Italia ci vorranno anni di sacrifici per ritornare ad essere competitiva come una volta,e tutto questo grazie ai nostri politici(non solo berlusca) ma anche tutti gli altri che da 50 anni si passano la poltrona fregandosene dell'Italia ma l'unico loro scopo era ed é quello di arricchirsi e di sistemare parenti e amici e fino a quando resteranno al loro posto,si andrá sempre peggio,fino a quando gli italiani staranno incollati alla tele a farsi raggirare dalle storielle di escort,trans e bunga bungal'Italia tornerá ai tempi del dopo guerra e la gente sará costretta a rifare la valigia ed emigrarenel 2010 oltre 100000 italiani hanno giá fatto valigia e partiti per spiagge migliori.....[quote=Brandone]
....Fabrizio fa un discorso nazionale, non le scopriamo oggi le realta' industriali del nord iTALIA.....immagina senza quelle che fanno da traino come sarebbe ridotta la nostra amata madre patria....
Baby pensionata a 40 anni e nuovi scandali. Finalmente, però, qualcuno se ne accorge…
E c’è chi va in pensione a 40 anni. E c’è chi va in pensione avendo pagato solo 16 anni di contributi. Succede oggi, mica tanti anni fa: due giorni fa su Panorama, oggi su Repubblica (pagine di Palermo) viene ripreso e rilanciato il tema delle baby pensioni in Sicilia, che è uno dei capitoli di denuncia di “Sanguisughe”. Grazie alla famigerata legge 104 del 2000 infatti in Sicilia i dipendenti della Regione possono andare a riposo con 20 anni (donne) o 25 anni di contributi (uomini) purché abbiano un parente da accudire.
Per intendersi: è la legge che ha consentito a Piercarmelo Russo, ex segretario dell’Assemblea regionale, di andare a riposo a 47 anni con 6462 euro netti al mese (10980 euro lordi). Doveva, disse, accudire il papà gravemente malato. Poche settimane dopo fu nominato assessore all’Energia alla Regione Sicilia (sommando quindi l’indennità da assessore alla ricca baby pensione)
Per fortuna, su questo tema, si sta accendendo la polemica. Ed emergono nuovi particolari scandalosi, che inserirò nelle prossime edizioni del libro:
a) Il pensionato con 16 anni di contributi. Totò Barbitta, capo ispettore dei forestali, è riuscito ad andare in pensione con soli 16 anni, 10 mesi e 30 giorni di servizio anziché i 25 anni previsti dalla legge, sfruttando alcuni riscatti e il fatto che il lavoro da forestale viene considerando usurante (quindi un anno regalato ogni 5 di servizio)
b) Il baby pensionato che diventa consulente. Cosimo Aiello , capo di gabinetto di un assessore, va in pensione a marzo di quest’anno: ha 51 anni. Subito dopo viene richiamato come consilente del Teatro Bellini (incarico per cui, secondo il periodico catanese Sudpress, prende 83600 euro per 21 mesi)
c) La pensionata a 40 anni. Giovanella Scifo, ex dipendente dell’ufficio di collocamento di Modica, è in pensione dal 1 febbraio 2008, dopo 18 anni e 10 mesi di carriere. Quando è andata in pensione aveva 40 anni appena compiuti.
Finalmente, grazie anche al nostro impegno quotidiano, qualcuno comincia a prendere coscienza dello scandalo. Oggi l’assessore Chinnici e i dirigenti del settore chiedono la revisione della legge 104. Non perdiamo l’occasione, alziamo la voce. Facciamoci sentire (iscrivetevi al gruppo Facebook: siamo già oltre 18mila…)