parlando di Germania ...articolo del Corriere d'Italia che ne pensate??
Dove abbiamo sbagliato!
di Tiziano Nardo
Cari ristoratori, cominciamo a imparare dai nostri errori.
Le specialità di matrice tipicamente italiana, come la fantasia, l’intraprendenza, la pizza, la pasta, le scaloppine, il carpaccio, la caprese eccetera, da oltre 60 anni costituiscono per gli italiani all’estero una materia prima che hanno utilizzato per costruirsi una nuova immagine: quella di un’Italia cosmopolita, colta e ricca d’inventiva.
Questa immagine è possibile percepirla non appena varchiamo la soglia di uno dei tanti rinomati ristoranti italiani in Germania. Purtroppo, però, non tutti intraprendono la difficile carriera del ristoratore con passione. Ancora molti vedono tale occupazione solo come un lucroso business. Quando, come si suol dire, il mercato “tirava”, i ristoratori furbi (per modo di dire) hanno approfittato del momento propinando alla loro clientela Trebbiano per Pinot grigio, Montepulciano per Chianti, maiale per vitello, olio di sansa per extra vergine, mozzarella di vacca per bufala...
Questa è una delle tante cause che ha contribuito a far scendere l’indice di gradimento e a ledere il buon nome di molti imprenditori seri. Ciò nonostante, è indubbio che tutti gli italiani, ma certamente non tutti i tedeschi, sanno cos’è l’olio di oliva, la mozzarella, il Parmigiano-Reggiano e così via. Quando verso la seconda metà degli anni `80 i (furbi) mistificatori professionisti, decisero di ingaggiare come pizzaioli e lavapiatti degli aiutanti extra-comunitari, che non si lamentavano degli orari di lavoro e si accontentavano del salario, non avrebbero immaginato di ritrovarseli concorrenti dopo qualche anno.
Chi non ci avrebbe fatto un pensierino? Mettetevi nei panni di quell’extra-comunitario in cerca di fortuna che, ad un certo punto, si rende conto che, in fondo, per fare una pizza come la fa il suo datore di lavoro non è per forza necessario sapere cosa sia la “vera pizza”, che confezionare degli spaghetti affogati in salsa di pomodoro e panna, proprio come quelli che vengono sfornati nella cucina dove lavora, non è difficile, e che friggere quattro “Schweineschnitzel” congelate, innaffiarle con vino bianco, chiamarle “scaloppine” per incassare poi 12 Euro dal cliente, è un affare! Così l’extra comunitario, da lavapiatti diventa imprenditore!
Dunque, se vogliamo rifletterci sopra, è assurdo muovere critiche e scagliarsi contro tutto e tutti se i clienti non arrivano. In Germania, fino ad oggi non ho ancora conosciuto un gestore di pizzeria o ristorante extra comunitario che non abbia iniziato la sua carriera imprenditoriale proprio come pizzaiolo o lavapiatti, al servizio di un nostro connazionale.
E allora come la mettiamo? In un Paese democratico, nessuno può vietare a nessuno di fare le proprie scelte. Dicevamo che la maggior parte degli italiani che operano nel settore della ristorazione in Germania, sanno che cos’è l’olio di oliva, la mozzarella, il Parmigiano-Reggiano e via dicendo, quindi, mi meraviglio che molti di questi continuino ad accusare la concorrenza nel momento in cui si accorgono che il fatturato si abbassa.
Forse sarebbe opportuno cominciare a farsi un’autocritica? Optare per dei prodotti di qualità? Seguire l’esempio di quegli imprenditori di successo che operano con passione? Proporre Trebbiano per Trebbiano e Chianti per Chianti? Se è vero che le copie, proprio in quanto copie, non ci devono preoccupare, è anche vero che l’originale dovrebbe essere degno di meritarsi tale titolo!
http://www.corritalia.de/?l=59#79
151.53.26.38
Chi fa il suo mal pianga se stesso [40] [40]
La stessa cosa accade in tutta Europa e si perche noi siamo italiani siamo furbi a noi non ci frega nessuno. [39] [39] [39]
Avete capito perchè ho lavorato solo una volta(la prima)con italiani all'estero,se non si danno una regolata andare a mangiare italiano sarà come andare al ristorante cinese o indiano. [31] [31]
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forse meglio titolari del luogo ??? o no ???
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