La pizza...questa sconosciuta
La pizza rappresenta, con molta probabilità, il prodotto gastronomico
più diffuso e consumato al mondo. Tuttavia, se ci chiedessero - a
bruciapelo - cosa è la pizza, probabilmente resteremmo, almeno per
qualche istante, a bocca aperta, magari balbettando che è la pizza ...
è la pizza e basta, non ha bisogno di definizioni. Io, invece,
nell'aprire questa nuova rubrica, il problema me lo sono posto. Non per
una questione di semantica, ma perché definire, anche se può apparire
limitante, aiuta a distinguere e a evitare confusioni. E la confusione
non giova a chi, invece, come al sottoscritto, interessa tutelare
l'identità della pizza verace, quella che ha contribuito a rendere
famoso il nostro Paese in tutto il mondo.
Cari gastronauti sparsi nel web, insaziabili divoratori di capricciose
margherite, per tutte e 4 le stagioni dell'anno, con la complicità di 4
formaggi, in compagnia di una napoletana o di una romana (alla diavola
la calabrese!), sono Eugenio Luigi Iorio, un medico nutrizionista che
da anni, per passione, si interessa di "pizzologia". Vorrei aprire con
tutti voi (se riuscirete ad arrivare alla fine di questo intervento
senza sbadigliare!) un piccolo forum, scambiando opinioni, suggerimenti
e (perché no?) anche critiche nell'ottica della tutela dell'identità
della buona pizza, quella tradizionale.
Già, ma cosa è la pizza?
Definire in maniera esauriente questo prodotto è alquanto difficoltoso,
dato il consistente numero di variabili che entrano in gioco nel corso
della sua preparazione, dalla quantità e qualità delle materie prime al
metodo di lavorazione fino al tipo di guarnizione ed alle modalità di
cottura. Tutte variabili che, messe insieme, contribuiscono a rendere
una pizza completamente diversa da un'altra, anche se preparata un
minuto prima dallo stesso pizzaiolo.
Nonostante queste limitazioni, tuttavia, sappiamo che la pizza è
diversa dalla piadina o dal calzone, e che non è omologabile né alla
pizzetta né alla focaccia. Ma prima di "non essere qualcos'altro" la
pizza è sé stessa, con delle caratteristiche ben precise. Proviamo a
definirle, nel rispetto dei canoni della più antica delle tradizioni.
Tanto per cominciare, la pizza è un prodotto artigianale ottenuto per
cottura, mediante forno a legna, di un impasto (un "panetto" ricavato
per lievitazione naturale di una miscela di farina, acqua, sale e
lievito di birra, opportunamente riposato) disteso manualmente fino a
realizzare una conformazione geometrica con elevato rapporto
superficie/volume, guarnito superiormente ad arte con prodotti
semplici, da consumarsi "espresso", cioè immediatamente dopo la cottura.
Entriamo nel dettaglio.
La pizza è un prodotto artigianale. Ciò vuol dire che ogni fase della
sua preparazione prevede l'intervento "manuale" dell'uomo, dalla
lavorazione dell'impasto, alla preparazione e distensione dei panetti,
fino alla guarnizione e, successivamente, la deposizione e l'estrazione
dal forno. Ovviamente, esigenze pratiche rendono oggi quasi impossibile
una lavorazione "manuale" dell'impasto e, in taluni casi, la stessa
formatura dei panetti. Per i più curiosi mi limito a riferire che la
norma UNI 10791:98, che fissa i requisiti della "verace pizza
napoletana artigianale", prevede che l'impasto venga lavorato
meccanicamente (impastatrice), ma le mani devono essere gli unici
strumenti da usare per la formatura e la successiva lavorazione dei
panetti.
La pizza è un prodotto da forno. Questo elemento consente di
differenziare la pizza da altri prodotti analoghi, pur di degna
tradizione, quali la pizza fritta, lasciando, tuttavia, aperta la porta
alla "pizza al metro", come preciserò più avanti. Ma quale forno?
Anticamente non esistevano i forni elettrici. Dunque, secondo
tradizione, la pizza artigianale è quella cotta con il forno a legna.
Con buona pace di chi fa ottime "pizze" anche con il forno elettrico o
spaccia le pizzette con la pizza "a metro". La "pizza a metro",
infatti, è quella cotta con il forno a legna.
La pizza si compone, sostanzialmente, di una "base" e di
una "guarnizione".
La base è un disco di pasta lievitata ottenuto stendendo a mano un
panetto. Gli ingredienti? Farina doppio zero, sale e lievito di birra,
ossia Saccaromyces Cerevisiae. Con buona pace di chi fa pizze gustose
aggiungendo strutto, olio, latte e addirittura alcolici! Con buona
pace, anche, di chi usa il lievito chimico o addirittura fa lievitare
poco e male l'impasto, spacciando piadine per pizze (l'impasto delle
piadine, al contrario di quello della pizza, non è lievitato!). In ogni
caso è importante che, a lavorazione ultimata, dal panetto se ne tragga
un prodotto caratterizzato da un elevato rapporto superficie/volume.
Dunque, è pizza anche quella "a metro", come ci insegna la tradizione
sorrentina.
La guarnizione, lasciata alla fantasia del pizzaiolo, ma fortemente
condizionata dalle richieste del cliente, è estremamente varia e può
consistere in prodotti freschi (es. pomodoro) o semilavorati (es.
pelati in scatola). In ogni caso essa va deposta, ad arte, sulla base e
lasciata scoperta. Ciò vale a distinguere la pizza dal meno noto, ma
altrettanto squisito, calzone al forno. E' bene sottolineare che,
qualora la cottura induca effetti indesiderati a carico di particolari
materie prime a causa delle elevate temperature, non c'è problema. E'
consentito, anzi obbligatorio, in taluni casi, completare la
guarnizione dopo che la pizza è stata estratta dal forno. L'aggiunta
della fogliolina di basilico è un classico esempio di come si possa
aggiungere colore e sapore alla pizza dopo la cottura.
La pizza, infine, è un prodotto da consumarsi "espresso", cioè
immediatamente dopo la cottura. Solo in questo modo, infatti, saremo in
grado di gustare a pieno la complessa e intrigante combinazione di
odori e sapori che rendono la pizza... semplicemente squisita. Con
buona pace di chi la preferisce "riposata".