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Crisi, l'allarme di Confindustria ...cosa ne pensate ???

(@pinos58)
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http://www.repubblica.it/economia/2010/12/16/news/confindustria_dati-10256774/?ref=HREC1-5

LO STUDIO
Crisi, l'allarme di Confindustria
"Bassa crescita, l'Italia delude"
Il Centro studi rivede al ribasso le previsioni per l'economia italiana: il Pil sale nel 2010 dell'1% (dall'1,2% elaborato in settembre), nel 2011 dell'1,1% (1,3% in precedenza) e dell'1,3% nel 2012. Il numero degli occupati in Italia è diminuito di 540mila unità.  "Per la ripresa gli strumenti messi in campo appaiono insufficienti"
Emma Marcegaglia
ROMA - "L'Italia delude e rimane indietro". E' severa l'analisi del centro studi di Confindustria che ha limato al ribasso le stime del Pil, prevedendo che la crescita si fermerà all'1% nel 2010 (rivisto dall'1,2%) e all'1,1% nel 2011 (dall'1,3%) e poi all'1,3% nel 2012. Per gli economisti di via dell'Astronomia in Italia "la malattia della lenta crescita non è mai stata vinta" e "il confronto con la Germania è impietoso". Anche perché  "il miracolo tedesco ha poco del miracoloso e molto del faticoso. Non è un fuoco di paglia", non è "né accidentale né episodico" ma "frutto dei mutamenti strutturali". Secondo il rapporto, invece, in Italia cresce "il conto delle riforme mancate o incomplete". "La frenata estiva e autunnale è stata decisamente più netta dell'atteso e il 2010 si chiude con produzione industriale e Pil quasi stagnanti - si legge nel rapporto - La malattia della lenta crescita non è mai stata vinta, come la migliorata dinamica della produttività nel 2006 e nel 2007 aveva lasciato sperare. Il comportamento durante la crisi ha dissipato ogni dubbio al riguardo".

Occupazione. Con la crisi, dal primo trimestre 2008 al terzo trimestre 2010, il numero degli occupati in Italia è diminuito di 540mila unità, senza contare le ore di Cig che hanno un impatto pari a 480mila unità di lavoro. Secondo il centro studi "il numero delle persone occupate continuerà a diminuire nel 2011", con un calo atteso dello 0,4%. Il tasso di disoccupazione toccherà il 9% nel quarto trimestre 2011, e "inizierà a scendere molto gradualmente nel corso del 2012". Il numero dei disoccupati è a ottobre 2010 (2,167 milioni) "più del doppio rispetto ad aprile 2007".

Previsioni. Secondo gli economisti di via dell'Astronomia "non si ritornerà sui valori prerecessivi che nella primavera del 2015. Per riagguantare entro la fine del 2020 il livello del trend, peraltro modesto, registrato tra 2000 e 2007, l'Italia dovrebbe procedere d'ora in poi ad almeno il 2% annuo". Un obiettivo "raggiungibile in un arco di tempo ragionevole, come insegna la lezione tedesca, entro il 2012 secondo gli stessi documenti governativi". Ma "per coglierlo gli strumenti messi in campo appaiono insufficienti".

Inflazione. L'Istat conferma il dato sull'inflazione per novembre. L'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività, comprensivo dei tabacchi, ha registrato una variazione nulla rispetto al mese di ottobre e di +1,7% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Al netto dei tabacchi l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività, pari a 139,6, ha presentato nel mese di novembre 2010 una variazione congiunturale nulla e una variazione tendenziale pari a +1,6%.
(16 dicembre 2010) © Riproduzione riservata

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Topic starter Posted : 17/12/2010 10:15
(@jerry-folino)
Member Registered

ti posso dire che quà il distretto dei rubinetti è di nuovo in crisi, questo mese hanno lasciato a casa i contratti a termine, sospeso gli straordinari e molte ditte chiuderanno dal 17/12 al 10/1....quà ci manca completamente una politica sullo sviluppo economico, ma non mi sorprende visto che il vecchio ministro dello sviluppo pensava alle case che gli regalavano.... [32]
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Posted : 17/12/2010 13:00
(@massy31)
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bhe ,, secondo il mio modesto parere ,, l anno che viene  sara" di stallo ,,
2012 ,, ci sara" una ripresa ,,, pero"" la cosa che andrebbe analizzata ,,
non sara" piu nulla come prima ,, quindi cambiano usi, costumi  , modi di vivere ,, il mercato sara" diverso ,,,,
questo credo sia solo l antipasto della globalizzazione
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Posted : 17/12/2010 14:04
(@giuseppe-7)
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Penso che tutto dipenda da chi sta' a Roma e dintorni, se non si cambia radicalmente sistema e soppratutto chi ci governa si andra' peggiorando.
L italia non ce la puo' fare in queste condizioni, ormai si e' toccato il fondo.
Non c'e' piu' ottimismo, e non si risolverebbe nulla neppure se ci fosse un cambiamento di governo, ci vorrebbe un cambiamento di uomini e di leggi.
Insoma, al governo pochi uomini con le p  le.
Eliminare leggi "antilavoro" che non ti permettono di aprire attivita' e tanto meno di assumere personale.
Ci sarebbe da dire tanto, pero' poi bisognerebbe anche iniziare, altrimenti questa crisi sara' difficle da superare.


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Posted : 17/12/2010 16:14
 ange
(@ange)
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Concordo in pieno con l'analisi di massy e zio tibia solo in una cosa divergo il 2011 con questi incapaci in parlamento e in particolare al governo sara un anno non di stallo ma di crisi nera e se non cambiamo subito rotta con un governo di persone oneste di salvezza nazionale al 2012 altro che ripresa ci saremo ma con le pezze al culo e fuori dall'Europa. [39]  [39]  [39]
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Posted : 17/12/2010 16:44
(@giuseppe-7)
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Lettera di licenziamento ai politici italiani


Con la presenta vi informo che siete licenziati per i seguenti motivi:

    * I vostri costi superano di gran lunga i benefici apportati da voi allo Stato Italiano,i vostri privilegi sono diventati inaccettabili per qualunque persona dotata di buon senso, la vostra cupidigia ha raggiunto livelli ormai insostenibili e lo sprezzo che tutti voi dimostrate quotidianamente per il lavoro da me faticosamente ma onestamente condotto e col quale vengono pagati i vostri stipendi mi induce a pensare che crediate di essere i miei padroni, quando in verità è vero il contrario, siete voi i miei dipendenti, essendo io che pago voi e non viceversa.
    * Avete ripagato i miei sacrifici con servizi inefficienti e con umiliazioni costanti: sono stata umiliata come donna da un Presidente del Consiglio che considera le donne come oggetti utili solo a soddisfare le proprie brame di uomo decadente aggrappato all’ultimo, fragile baluardo di virilità che gli rimane;sono stata umiliata come cittadina dall’essere rappresentata da personaggi che ignorano il significato di parole come onestà, legalità,onore, bene comune; sono infine stata offesa come essere umano dalle azioni e dalle esternazioni quotidiane degli uomini politici della Lega Nord, che mi hanno macchiata dell’onta di vedere di nuovo aperti sul mio territorio dei lager, i C.I.E. e che approfittano dell’ingenuità di tanti per perseguire lo scopo di tutti i politici italiani: l’arricchimento personale.
    * Avete attentato all’integrità stessa dell’apparato che vi permette tali malefatte, la nostra Costituzione, dimostrando con ciò il livello di bassezza che avete raggiunto e che mi impedisce di avere la benché minima fiducia nel vostro operato futuro.
    * Ritengo infine che la maggior parte di voi abbia raggiunto l’età massima per poter rappresentare chi, come me , è il presente di questa nazione. Voi siete il passato, un passato che spero verrà presto cancellato definitivamente dai nostri libri di storia, affinché il vostro nome non venga più nemmeno pronunciato ed un gesto pietoso arrivi a dare pace alle mie orecchie che troppe parole dissennate ed aberranti hanno avuto la sventura di udire ultimamente.

Per le suddette motivazioni richiedo con effetto immediato le vostre dimissioni, in quanto nessuno di voi è più in grado di rappresentarmi.

PATRIZIA PENNA cittadina italiana.
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Posted : 17/12/2010 16:45
(@giuseppe-7)
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Intervista ad un famoso economista e politologo.

«Se fossi italiano non pagherei più le tasse. Invece di darli al fisco, metterei i soldi in un fondo fiduciario per ridarli allo Stato solo a due condizioni: la drastica riduzione del numero dei parlamentari e l’equiparazione degli stipendi dei politici alla media europea». Edward Luttwak, economista e politologo americano, non ha dubbi. Il male maggiore del sistema Italia è nelle troppo alte retribuzioni di senatori, deputati ed amministratori locali. Tanti soldi che gonfiano le tasche di pochi invece, come dovrebbe essere, di contribuire allo sviluppo dell’economia del Paese. Luttwak, conosce bene la Penisola. In Italia ha vissuto, scritto libri e vinto premi letterari (l’ultimo riconoscimento, “Il romanzo della Storia”, lo ritirerà il 22 maggio al Festival di Gorizia).
La crisi della Grecia ha generato paura anche in Italia. Rischiamo di fare la stessa fine?
«La situazione è simile e vale sia per voi che per Paesi come la Spagna e il Portogallo. In Italia l’apparato statale è cresciuto a dismisura ed i costi per mantenere una macchina del genere, con una distribuzione spropositata di soldi ai politici, sono enormi. In assenza di un sistema economico in grado di produrre ricchezza in misura adeguata, l’immediata conseguenza è la creazione di ulteriore debito pubblico».
Qualche settimana fa, ospite di Ballarò, lei ha citato un esempio clamoroso. Confrontando lo stipendio del presidente della Provincia di Bolzano con quello di Barack Obama…
«Ed è solo uno dei tanti paragoni che si possono fare. E’ mai possibile che un amministratore locale dell’Alto Adige guadagni 25mila euro al mese mentre il presidente degli Stati Uniti ha uno stipendio che non supera i 400mila dollari l’anno, inclusa una quota di rimborso spese? E non basta. Prendiamo l’esempio della Regione Molise e della città di Houston, nel Texas. Entrambe hanno 300mila abitanti. Solo che il Molise spende soldi che non ha. Mantenendo due Province ed un numero smisurato di Comuni. Che va moltiplicato, in termini di stipendi, con una quantità di presidenti, sindaci e consiglieri vari. Al contrario, Houston ha solo un sindaco e qualche consigliere e, soprattutto, fattura miliardi grazie ad un’economia basata sul petrolio e centri medici d’eccellenza. E potrei continuare…».
Continui.
«Quello italiano è un sistema malato dalle fondamenta. Ciò che si spende per gli stipendi dei politici si toglie allo sviluppo del Paese. Tra Senato e Camera mantenete un carrozzone con più di 900 parlamentari. Ciascuno con un salario che supera di gran lunga i 100mila euro all’anno. Retribuzioni stellari che riguardano un po’ tutti gli ambiti della pubblica amministrazione: dai magistrati agli ambasciatori. I vostri diplomatici sono i meglio pagati al mondo. Negli Usa, tanto per rendere l’idea, ci sono cento senatori. E guadagnano 174mila dollari all’anno. Ma anche in altri Paesi europei, come la Germania, il Cancelliere ha una retribuzione inferiore ad un vostro Presidente di Regione».
La soluzione, professore, qual è?
«I cittadini devono riprendere possesso dei loro soldi costringendo una classe politica autoreferenziale a fare marcia indietro. Il modo per farlo c’è: non pagare più le tasse. Se fossi italiano, invece di darla al fisco, parte dei miei guadagni la metterei in un fondo fiduciario per ridarla allo Stato solo a due condizioni ben precise: la riduzione del numero dei parlamentari, magari con un sistema monocamerale, e l’allineamento del loro stipendio alla media europea. Assai più bassa della vostra».


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Posted : 17/12/2010 16:48
(@giuseppe-7)
Member Registered

Esaminando i due articoli che ho postato, che sono realmente i sogni degli italiani, si puo' dire che l italia non e' il paese dei bamboccioni, ma il paese ch subisce la piu' grossa truffa mondiale fatta dai politici verso il cittadino.
A loro non conviene che sparisca la crisi, perche' per fare un azione del genere dovvrebbero ridurre drasticamente i loro introiti, dovrebbero lavorare di piu'(ora siamo a 16 ore alla settimana) ed eliminare qualche beneficio.
Si e' avuta l opportunita' questi ultimi giorni per mandarli a casa: bastava che tutta la classe lavorativa si unisse agli studenti e vedevi come le dimmissioni se le davano da soli.
Comunque si puo' rimediare: basta che per un anno nessuno va a pagare le tasse e i contributi e vedi come si venderebbero le loro auto blu e tutto il resto [7]
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Posted : 17/12/2010 17:16
(@fabrizio-bellini)
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In un modo o nell’altro l’Italia ha resistito alla fase peggiore della crisi economica, nonostante un livello di crescita più basso rispetto agli altri grandi Paesi europei e ad una disoccupazione ancora presente ad un livello troppo elevato. Tuttavia, anche se le difficoltà contingenti sono state in parte superate, non c’è di che essere ottimisti: “Anche se ripartisse la marcia dello sviluppo, la nostra società non avrebbe lo spessore e il vigore adeguati alle sfide che dobbiamo affrontare. Nel Paese sono evidenti manifestazioni di fragilità sia personali sia di massa, comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattivi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e di futuro”.

È una fotografia impietosa quella scattata dal Censis nel suo 44esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese. L’Italia del 2010 viene rappresentata di fatto come un’”ameba” senza spina dorsale che stenta a prendere coscienza del proprio potenziale e a compiere quello scatto di orgoglio che le consentirebbe di riprendere forza e di guardare avanti. Le motivazioni, secondo i ricercatori, derivano da diversi fattori: il venir meno dei valori alti che hanno caratterizzato i decenni passati, a partire dalla spinta emotiva ricevuta in eredità dal risorgimento, la delusione per un’economia di mercato che ha disatteso molte speranze, la mancanza di fiducia nella classe politica e nella sempre più marcata verticalizzazione di quest’ultima.

Gli italiani soffrono di un vero e proprio “calo di desiderio” che si manifesta in ogni aspetto della loro vita: appagati i traguardi che ci si prefiggeva in passato (dalla casa di proprietà che oggi è una realtà per la maggior parte delle famiglie alla possibilità di andare in vacanza o possedere beni) ci si confronta oggi con la frenetica rincorsa ad oggetti “in realtà mai desiderati”, come l’ultimo modello di telefonino, magari il quinto o il sesto cambiato in pochi anni. “Tornare a desiderare – fa notare il Censis – è la virtù civile necessaria per riattivare una società troppo appagata ed appiattita”. Non a caso tra i segnali in controtendenza vengono citati imprenditori e giovani che lavorano o studiano all’estero, che hanno riversato la loro forma di desiderio nel confronto e nella competitività internazionale.

I dati economici, del resto, non sono confortanti. In Italia, patria della piccola impresa, da qualche tempo sta venendo meno il lavoro autonomo, che ovunque nel mondo è stato il motore che ha consentito l’uscita dalla crisi: dal 2004 al 2009 c’è stato un saldo negativo di 437 mila imprenditori e lavoratori in proprio, con un calo percentuale del 7,6%. E c’è un aumento della disoccupazione tra i giovani che nei primi due trimestri è stato del 5,9%, a fronte di una riduzione media che nel resto d’Europa è stata dello 0,9%. Nel nostro Paese sono 2.242.000 le persone tra i 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano e neppure cercano un impiego, anche per la propensione – confermata da più della metà dei giovani italiani in questa fascia di età – a non accettare lavori considerati faticosi o di scarso prestigio.

L’appiattimento in campo economico va ricercato, secondo il Censis, anche in altri fattori e, soprattutto, nel confronto con quanto accade all’estero. Tra il 2000 e il 2009 il tasso di crescita dell’economia italiana è stato più basso che in Germania, Francia e Regno Unito. Il made in Italy ha perso lo 0,3% su base mondiale, attestandosi su una quota di mercato globale del 3,5%. E a perdere terreno sono stati i comparti a maggiore tasso di specializzazione, dalle calzature ai mobili, che fino ad oggi avevano rappresentato un plus per le nostre esportazioni. E non è tutto: l’Italia è il Paese europeo con il più basso ricorso a orari flessibili (solo l’11% delle aziende con più di 10 addetti utilizza turni di notte, solo il 14% fa ricorso a lavoro domenicale e il 38% a quello del sabato. Ed è inoltre, tra le nazioni del vecchio continente, quella in cui meno si adottano modelli di partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda: ciò avviene solo nel 3% del totale, contro una media europea del 14.

E poi i mali tutti (o soprattutto) italiani. A partire dall’economia in nero, basata su un’evasione fiscale da 100 miliardi di euro all’anno, che drena risorse pari al 4,7% del Pil. Tra il 2007 e il 2008 l’economia irregolare si stima sia cresciuta del 3,3%. Un’indagine del Censis stesso dice che gli italiani ne sono in parte consapevoli, che il 44,4% di loro la considera il male principale della nostra economia e che più della metà degli interpellati sarebbe favorevole ad un aumento dei controlli anti-evasione. Tuttavia, più di un terzo degli italiani ammette candidamente di non richiedere scontrini o fatture a esercenti e professionisti, soprattutto se questo consente loro di risparmiare qualche euro. Infine c’è il capitolo della criminalità organizzata che in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia – che insieme registrano 672 comuni i cui risultano presenti sodalizi criminali che la fanno da padroni – occupa stabilmente più del 54% del territorio totale.

3 dicembre 2010 |

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Posted : 18/12/2010 09:11
(@fabrizio-bellini)
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Quella che descrive il CENSIS è una società invecchiata. Più di due milioni di giovani sono fuori dal mercato del lavoro, cittadini a metà perchè manca loro la fase formativa più importante della vita che è l'eperienza lavorativa. La maggior parte di chi ha trovato un lavoro, spesso precario, lo ha trovato dopo i trenta anni. Manca alla società italiana la fase innovativa e creativa dei ventenni che vogliono misurarsi con l'iniziativa imprenditoriale. Le più grandi imprese innovative degli ultimi anni nel mondo le hanno create ventenni e nemmeno una è italiana. Dopo i trenta anni si cerca la sicurezza e si disperde la spinta ribelle e innovativa. C'è un Mediterraneo da integrare , una Cina affascinata dall'Italia da capire e con cui operare scambi.Siamo fermi e impauriti. Chi ha costruito qualcosa difende il suo e non rischia. Al massimo delocalizza oltre confine per risparmiare, fino a quando è possibile, sulle tasse e sul costo del lavoro. Una politica che vive di spot e si nutre di sondaggi, derivanti dagli annunci, non pensa al futuro, ma vive alla giornata e ha bisogno di appoggiarsi al populismo e alla demagogia per sopravvivere. E' un declino lento ma inesorabile, perchè la società è narcotizzata e sempre più chiusa in se stessa e nella difesa dei propri egoismi e, senza che ce ne rendiamo conto, si abbassa sempre più il livello di sensibilità democratica [28]  [40]
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Posted : 18/12/2010 09:38
(@fabrizio-bellini)
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Inutile cercare cause esogene quando in realtà quelle presunte cause (politica, economia, mafia, clientelarismo, etc…) sono nient’altro che la fedele rappresentazione del DNA italiano. In altre parole, tutto ciò non ci sarebbe se l’Italia avesse una cultura motrice diversa (ci sarebbe ovviamente dell'altro). D’altro canto, senza quello stesso DNA non avremmo mai partorito geni universali nonché un modello imprenditoriale di PMI che è stato un punto di riferimento per anni, tanto per citare due esempi…Quello che mi preoccupa di più e proprio la scarsa capacità del sistema di auto-analizzarsi e rimettersi in discussione a causa del vizio italico di non saper guardare al di là del proprio naso. Forse solo una crisi devastante potrà stimolare il sistema a cambiare dove necessario. Ovviamente auguro al mio paese natale che di tutto ciò non ce ne sia mai bisogno. [45]  [28]
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Posted : 18/12/2010 09:47
(@pinos58)
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meno male che il Censis non è all'opposizione o fa parte della magistratura e non si veste da black block !!!!!!!!!!!!!! lo avrebbero gia' zittito !!!!!!!! in Italia gira un anestetico per le strade di forte durata chissa' quando finira' l'effetto ........per adesso continua !!!! è drammatico che davanti alle valutazioni negative di tutti sullo sviluppo attestao all'1,2% ,comparato allo sviluppo tedesco che viaggia verso il 3/4% ,invece di preoccuparsi di cio' qualcuno tenti di accorpare l'Italia agli altri paesi che in Europa hanno un basso tasso di sviluppo !!!!!!!!! noi abbiamo superato la Germania solo nel periodo del boom economico .............dopo abbiamo preso una starda in discesa crogiolandoci dietro al Made in Italy ..........oggi  il ns SISTEMA è in crisi e le colpe sono di tutti i governi che non hanno saputo governare l'economia anche con scelte impopolari !!!! nessuno escluso !!! intanto i migliori ns giovani o meno giovanicervelli ..............espatriano ..............
mentre da noi arriva solo "manodopera non specializzata" !!!!!!!!!!!!
per chi non si preoccupa buon riposo del cervello !!!!!!!
una  ultima notizia che denota le ns difficolta' nel settore tecnologico è questa
Alitalia prenota 20 Embraer, no a Superjet russo-italiano
Ieri - 18.48


Forum: Alitalia
Lo ha detto l'Ad della compagnia aerea italian, Rocco Sabelli.

"Noi avremmo preferito quella opzione perché coinvolgeva una azienda italiana e per questo abbiamo rinviato la scelta di 6-12 mesi: ma il problema è che, a tutt'oggi, il Sukhoi non ha ancora volato", ha spiegato Sabelli aggiungendo che la consegna degli Embraer sarà fra il 2011 e il 2012.

Agli inizi del mese l'Ad di Sukhoi aveva detto che la società contava di poter vendere 20-24 veicoli ad Alitalia.

L'aereo russo ha fatto il suo viaggio inagurale nel 2008, ma non ha ancora ricevuto la certificazione di sicuerzza completa, condizione indispensabile per vendere gli aerei alle compagnie occidentali.

Alenia Aeronautica è una divisione del gruppo Finmeccanica e detiene il 25% del progetto per la costruzione del veivolo da 75/95 posti equipaggiato con avionica italiana. Il resto del capitale è in mano alla società pubblica russa Sukhoi.

Alenia detiene anche il 51% di Superjet International, società che si occupa dell'esportazione del veivolo.

Il gruppo aerospaziale francese Thales e Safran sono fornitori del progetto.

Sabelli ha detto che Alitalia era preoccupata e voleva rassicurazioni che "non le sarebbe toccato l'onere del lancio del nuovo aeroplano".

L'Ad ha aggiunto: "Non potevamo rinviare a lungo la scelta, ci è sembrato che quel veicolo, che deve ancora volare, non fosse compatibile con le nostre scadenze".

Ma la decisione sembra poter accendere una lite in Italia visto che la scelta scontenta i vertici di Alenia.

Una fonte vicina alla società dice che in Alenia "sono particolarmente sorpresi" per la scelta fatta da Alitalia poiché il calendario del progetto Superjet era compatibile con le richieste e l'offerta più competitiva.

Alenia "non ha capito perchè Superjet international [il braccio commerciale della joint-venture italorussa] non sia stato coinvolto nella fase finale del negoziato", ha detto la fonte aggiungendo che la compagnia russa Aeroflot potrebbe essere il cliente che lancerà per primo il velivolo al posto di Alitalia.

Gli analisti hanno detto che il valore della commessa del Superjet potrebbe essere di circa 500 milioni di dollari.

Sukhoi e Superjet International non hanno voluto commentare.

(Tradotto Redazione Roma, Reuters Messaging: alberto.sisto.reuters.com@reuters.net +39 06 85224391, Rome.editorial@reuters.com)).


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Topic starter Posted : 18/12/2010 09:54
(@fabrizio-bellini)
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«Mia figlia è una precaria
Ha 30 anni e nessun sogno»
Una mamma: l'infelicità? È non poter pensare al domani
La lettera - Da anni un lavoro «a progetto», sempre nella stessa azienda

«Mia figlia è una precaria
Ha 30 anni e nessun sogno»

Una mamma: l'infelicità? È non poter pensare al domani
Una mamma milanese riflette sul futuro della figlia nel giorno del trentesimo compleanno. Ripensa al giorno della nascita e ai presagi di un avvenire felice. E si interroga su un presente che sconforta. È una lettera sul futuro senza certezze dei giovani. La lettera di una «mamma arrabbiata».

Caro direttore,
ieri mia figlia ha compiuto trent'anni. Da diversi anni lavora nella stessa azienda con contratti «a progetto». Subito dopo la sua nascita, in una gelida notte di luna piena, da un finestrone del reparto maternità dell'allora già vetusto ospedale Principessa Jolanda di Milano (oggi non c'è più) ho potuto ammirare la cupola di Santa Maria delle Grazie del Bramante incorniciata da un cielo terso, luminoso e azzurro che sembrava finto, nel quale, a far da contrappunto alla luna, brillava una stella solitaria. Uno scenario di rara bellezza che mi era sembrato un ottimo auspicio per la mia bambina.
Oggi sono una madre molto arrabbiata. Non è mia figlia che mi ha deluso. E non è di lei che voglio parlare, ma dell'indifferenza di chi assiste senza scomporsi al dramma della sua generazione. Alla sua età io avevo già fatto molti sacrifici, ma avevo prospettive concrete di crescita professionale e di fare progetti per la vita. Per mia figlia e la grande maggioranza dei suoi coetanei i sacrifici non bastano: con questi giovani la realtà è stata, ed è, avara di occasioni e ladra di sogni. Possono anche dimostrare di valere, ma non hanno la libertà di inventarsi il futuro.
Abbiamo perso il valore del lavoro, la sua dignità, il suo ruolo nella crescita individuale e nella società. Non siamo stati capaci di difendere il futuro dei nostri figli. Abbiamo creduto che bastasse aver conquistato certi diritti per avere la certezza che sarebbero durati all'infinito. Complice un diffuso benessere, amplificato in principio dal «riflusso» degli anni Ottanta, abbiamo un po' dormito sugli allori. Noi, che abbiamo potuto realizzarci grazie al lavoro, li abbiamo cresciuti nella certezza che il loro futuro sarebbe stato migliore.
Responsabilità ben maggiori hanno i governi degli ultimi vent'anni senza distinzione, la classe dirigente, le parti sociali, spesso l'inadeguatezza strutturale e formativa della scuola e dell'università. Mi sembra che nessuno, tranne noi e i nostri figli, voglia la fine di questo scandalo. Sono troppi gli altri interessi in gioco.
Con che cuore e testa possiamo accettare che i nostri giovani (e smettiamola con i «bamboccioni»), non abbiano futuro? Nonostante le lauree e i master all'estero, la loro vita sembra segnata irrimediabilmente dalla precarietà. Altro che meritocrazia. E non vale il discorso che sono pigri e viziati. I fannulloni non sono una scoperta del ministro Brunetta, sono sempre esistiti. Per fortuna sono eccezioni.
Le attuali regole del mercato del lavoro, nel tentativo di favorire l'occupazione e combattere il lavoro nero, in molti casi hanno finito paradossalmente per legalizzare la precarietà. Cos'altro si può dire quando, pur non ricorrendo le condizioni previste dalla legge, e in totale assenza di controlli, certe aziende impiegano in massa contratti «a progetto» rinnovabili all'infinito? Perché l'Inps, che da questa tipologia contrattuale riceve contributi irrisori, non controlla che siano veritieri e non degli abusi? Meno male che c'è il welfare delle famiglie. Però anche le famiglie si stanno impoverendo e non mi riferisco solo alle risorse economiche. L'infelicità dei tuoi figli, la loro impossibilità di pensare a domani con un minimo di stabilità, la loro sfiducia, frustrazione, quando non disperazione, fa soffrire anche te, ti condiziona, ti deprime, vivi male. Si vive male tutti.
Basta con l'alibi della crisi globale che paralizza la crescita del Paese. In tempi di crisi c0è anche chi si arricchisce. Non si dica più che da noi però c'è più occupazione che in Spagna. Si dica invece che ce n'è meno che in Germania e quella che c'è comprende qualche milione di lavoratori «atipici».
Credo che abbia ragione chi dice che è finito il tempo del posto fisso perché il mercato del lavoro esige sempre più flessibilità, ma andare in questa direzione senza criterio né tutele non è un passo avanti. Il processo di trasformazione sociale in atto non dovrebbe essere solo un prezzo da pagare. I giovani hanno capacità di adattamento, ma non vogliono e non devono essere ingiustamente penalizzati. Un lavoro dignitoso e flessibile ma con garanzie graduali, fino a raggiungere una certa stabilità, è un elemento importante per ridare fiducia e contribuire al rilancio dell'economia. Non lo dico io, che sono solo una madre arrabbiata, l'hanno detto e lo dicono ripetutamente economisti e giuslavoristi importanti. Ultimamente anche Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia. Sarebbe il modo migliore per dare contenuto a due principi costituzionali: «L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro» (art. 1) e «La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» (art. 4). Effettivo
93.244.214.173

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Posted : 18/12/2010 10:04
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