Grazie fiocco
[La domanda è autoesplicativa]
Solo per tenere il messaggio
Hai presente in ospedale??Molte persone soffrono con dignita'i propri dolori,le loro malattie,osservano a volte dai vetri delle stanze,la vita,quella vita che corre senza di loro,io ho osservato quegli sguardi,raccontano in un attimo il disarmo,la depressione,la causa di forza maggiore che impossibilita loro al sorriso.Eppure....fra un andirivieni di camici bianchi verdi o azzurri,c'e'sempre un infermiere o infermiera,ausiliaria o addetti alle pulizie,che riescono a strappare un sorriso a qualcuno di loro,portano allegria e hanno in genere la battuta pronta,sono persone speciali,aggiungono ai loro compiti qualcosa in piu',qualcosa che non gli viene chiesta,hanno la capacita'di donare qualcosa di unico,raro,e questo qualcosa e'amore,forse tra i piu' belli,mi auguro che tu sia uno di questi,e non avercela se non lo sei,ripeto che non e' da tutti,e questi doni si possono rilevare in tutti i campi,compreso il pizzaiolo,lavorare per uno stipendio,oppure lavorare per quello con la forza della passione,se poi a queste si aggiunge l'amore e la dedizione di una vita intera,e la gioia di regalare emozioni ad altre persone che vivono attraverso una semplice pizza....momenti da ricordare,beh le fatiche e le negativita' di questo mestiere evaporano nel nulla.Ti chiami Paolo,e per mio sentore legato all'esperienza,coloro che portano questo nome sono persone tenaci e puntigliose,ottimi collezionisti,amanti della musica e capaci di fare 100 km per acquistare una bottiglia di vino particolare,ottimi risparmiatori e maniaci per la precisione,con un nome cosi'difficilmente potrai mai affermare di aver fatto la migliore pizza possibile,manchera' sempre qualcosa.Io uso una farina di tipo soffiato valore w 240-270 tutto l'anno,i miei tempi???Impasto alle ore 17,30 e alle 19,00 inizio a sfornare delizie.Si lo so'e' tutto controcorrente,la pasta non puo' essere maturata ecc...pero'ti assicuro che e' una pizza speciale,infatti mentre la pasta gira in macchina gli canto una canzoncina e lei.....evidentemente....gradisce!!!!!(:-))Saluti
Questo tuo racconto me ne fa venire in mente un altro, lo riporto tal quale, sperando che non siano molti quelli che lo giudichino fuori tema, faccio parte di una associazione che si batte per la difesa della biodiversità rurale, e la salvaguardia dei semi antichi, un altra mia passione oltre alla pizza....
"Era il mese di luglio di molti anni fa ed io mi trovavo sulla Third Mesa nel territorio degli Hopis, dove stavo trascorrendo un periodo di quattro settimane di studio. Da tre settimane non pioveva e delle temperature particolarmente torride opprimevano la regione. Era mezzogiorno e il mio ospite si era assopito pacificamente nella sua fresca casa di pietra. Io invece non riuscivo a stare fermo. Chiusi delicatamente la porta a zanzariera dietro di me e mi incamminai nel calore del kisnovi, la piazza del paese.
Tutto era silenzioso come a mezzanotte e io cercai di scorgere un minimo movimento. Vidi solo un cane, intento a cambiare la sua posizione per approfittare di una sottile linea d'ombra in lento movimento. Tutto sembrava rispettosamente praticare il rituale della breve ibernazione che Tawa, il padre Sole, imponeva quasi si trattasse della prescrizione medica di un farmaco. "Solo i cani senza senno e gli inglesi vanno fuori sotto il sole di mezzogiorno" meditai fra me. Senza rendermi conto dove i miei passi mi portassero, discesi il bordo della Mesa, su un sentiero che sembrava come scolpito, in giorni più freschi, sulla tenera roccia. Quando raggiunsi la base del dirupo vidi una lucertola correre velocemente in direzione dell'inizio di un sentiero polveroso. La seguii, come se questa creatura fosse stata per me una guida. Dopo circa un quarto d'ora di cammino in quella direzione, il sentiero improvvisamente piegò verso nord girando attorno a un mucchio di rocce franate dal dirupo.
Prima ancora di essere arrivato dall'altra parte delle rocce, udii il lontano suono di un canto. Rallentai la mia andatura e scrutai attorno a me circospetto. Davanti a me si estendeva la più grande coltivazione di mais che avessi visto da quelle parti. Era così grande che non sembrava essere Hopi. Non vedevo ancora nessuno ma il canto diveniva sempre più chiaro. Era la voce garbata e potente di un anziano. Ma dov'era? Attesi diversi minuti, ascoltando il canto di questo campo di mais. Poi all'improvviso una testa bianca apparve fra le spighe verdi, muovendosi lungo le file lentamente, non fermando il suo canto. Tutto d'un tratto presi coscienza di ciò che i miei occhi vedevano. Questo campo di mais, nel pieno dell'estate, era meraviglioso e lussureggiante. Approssimativamente stimai che ogni piccolo lotto in cui era suddiviso contenesse una dozzina di piante di mais e che in tutto ci fossero dodicimila di questi lotti La terra era secca e crepata a causa della lunga siccità, ma il mais non mostrava affatto segni di avvizzimento come nella maggior parte degli altri campi che avevo potuto vedere attorno al villaggio. I lamenti che avevo sentito dagli agricoltori che vivevano attorno alla casa dove ero ospitato mi avevano fatto credere che il mais stesse morendo di sete, ma questo campo sembrava aver ricevuto la pioggia appena pochi giorni prima. Tranquillamente tornai al villaggio per la stessa strada, senza che il vecchio mi vedesse.
Il mio ospite era ormai sveglio e mi chiese dove ero stato. Quando gli dissi cosa avevo visto e sentito, il suo interesse attento si trasformò in un sorriso. "Capisco che hai visto il campo di Titus" mi disse ridendo sommessamente. "Ma perché il suo campo è ancora così pieno di vigore? Ha forse una sorgente d'acqua segreta?" "Il Grande Padre rise ancora. "Assolutamente no. Ciò che ha è il Navoti." "Che cos'è?" domandai pensando che forse esistesse un fertilizzante segreto accessibile solo ad alcuni clan. "Egli possiede la Via Hopi" mi spiegò il Grande Padre dopo una pausa di riflessione. "Egli conosce gli antichi canti che rinfrescano i suoi bambini mais. Al tempo della semina egli rivolge le sue preghiere correttamente. Ma soprattutto egli sa non preoccuparsi, perché questo danneggia le piante al pari della siccità. Invece di essere preoccupato, cosa che renderebbe i suoi bambini mais nervosi, egli va da loro nel caldo del giorno e canta gli antichi canti che danno coraggio ai suoi bambini." "Ma Grande Padre, sicuramente gli altri uomini vedono la differenza del suo mais. Perché non imparano i suoi canti e li cantano al loro mais?" Il mio anziano maestro sospirò. "Questo non servirebbe a niente. Il Navoti non vive nei semi degli altri."
Alla fine di questo mese importante che io passai sulla Mesa ripartii in auto verso nord, percorrendo la valle del Rio Grande, per raggiungere Taos, la città dove abitavo. Mentre attraversavo ognuno dei diciannove pueblo della vallata, sentii come se qualcosa mi chiamasse. Mi resi conto per la prima volta quanto le coltivazioni tradizionali fossero poco praticate, anche la stessa erba medica. Io sentii come se i semi mi stessero chiamando. Presi coscienza che la sorgente della forza, che io sentivo, era intrappolata in scatole, vasetti, lattine del caffè o latte del lardo. Era da quei contenitori che i semi mi stavano chiamando: erano i vecchi semi, quelli che si raccoglievano dalle piante stesse negli anni prima che apparissero i supermercati e i semi commerciali in busta venduti ogni primavera sugli scaffali. Erano i semi di cui il Grande Padre mi aveva parlato, quelli che ancora contengono il Navoti delle età passate. Ma anche se abbandonati in angoli oscuri la loro vitalità era ancora intatta. Il clima secco degli altipiani aveva favorito la conservazione della antica forza appartenente a un epoca in cui gli uomini cantavano per le loro piante. Ed ora era verso di me che, questi semi, inviavano i loro canti nella speranza di essere sentiti prima di perire per sempre nell'oblio."
Valpedrina un racconto meraviglioso, i miei complementi per l'esperianza che hai vissuto e per come l'hai raccontata, l'hai fatta rivivere in minima parte anche a me.
La tua storia racconta inequivocabilmente quello che Fiocco a detto nel messaggio precedente dell'amore per il proprio lavoro.
Ciao
pizzamike
P.S.: sei un ottimo narratore pensa anche ad una carriera nel mondo letterario ....... non scherzo..........
Mi associo a Pizzamike,complimenti!!!Affascinante davvero,io trovo che quando qualcuno narra una propria esperienza,che tocca argomenti piu'vari...non e' mai fuori tema,Questo nomignolo..Valpredina che avevo sempre immaginato come persona infarinata a maneggiar di pale assume ora una luce diversa,piu'nobile artistica,sei riuscito con delle parole a trasferire emozioni,e cosa c'e' di piu'bello???Saluti
Complimenti per il bel racconto, sopratutto per il messaggio in esso contenuto!
Saluti Falcon
ahi ahi, c'è stato un piccolo fraintendimento, l'esperienza raccontata non è la mia purtroppo ma di un etnobotanista americano, mi scuso se ho ingenerato l'equivoco.....
Il racconto l'ho recuperato sul sito di kokopelli, associazione che si batte per la difesa dei semi antichi, insieme all'equivalente italiano civiltà contadina (della quale sono socio ed attivista) o i più famosi seed savers americani.
Sono associazioni che attraverso lo scambio diretto di semi in tutto il mondo riescono a salvare decine di migliaia di varietà di piante che scomparirebbero ben presto sostituite dagli ibridi e dagli OGM.
Scusate ancora
Per completezza concludo il racconto con il commento che avrebbe evitato l'equivoco.
John Kimmey, l'etnobotanista autore di questo racconto, negli anni seguenti raccolse una delle più vaste collezioni di piante alimentari e non della cultura nativa del nord America. I semi di queste piante sono tuttora conservati e moltiplicati da una ONG, Native Seeds/SEARCH, che li ridistribuisce agli agricoltori delle tribù native.) I semi di cui parla questa storia sono quelli di un tempo di libertà, quando ancora non esistevano le attuali leggi che permettono di brevettare gli organismi viventi e di manipolarne i geni; sono i semi delle antiche varietà di ortaggi o cereali che, perché non iscritte al registro ufficiale del ministero italiano dell'agricoltura, sono destinate all'oblio e all'estinzione. Per il semplice fatto che queste vecchie varietà di ortaggi non sono dentro questo catalogo i regolamenti e le leggi ne proibiscono ogni atto di scambio o cessione e anche la stessa loro libera circolazione sul territorio italiano. Si tratta spesso di ecotipi, varietà di ortaggi locali, ottimi produttori per gli orti familiari, di buon sapore e dotati spesso di buone resistenze alle malattie e alle avversità. Vengono sostituiti dai moderni ibridi F1, che produrranno semi incapaci di generare piante uguali a quelle dai quali sono raccolti perché non dotati di genetica stabile, creando così un mercato forzoso che alimenta ogni anno le vendite delle multinazionali dell'agrochimica. Un'altra categoria di semi è infine seriamente minacciata: le varietà che in passato furono commercializzate da piccole ditte sementiere locali italiane che ora cedono il passo alla invasione del mercato delle sementi delle grandi multinazionali che tramite le loro consociate invadono il mercato di varietà estere ibride e geneticamente modificate. Così le vecchie varietà coltivate sono cancellate gradualmente dal mercato e dai registri e anch'esse si estinguono. Per impedire questa estinzione di massa abbiamo la possibilità di aderire alle azioni delle organizzazioni di seed savers come Kokopelli o Civiltà Contadina, cercare questi semi e adottarli nel nostro orto. Se non salviamo i semi delle antiche piante che hanno nutrito l'umanità nel passato, dipenderemo sempre più dalle piante brevettate dalle multinazionali, quelle che non riescono più a sentire il canto flautato di Kokopelli.
Splendido racconto.
Anche se non é una tua esperienza diretta meriti lo stesso i complimenti per averla riportata sul Forum ed averci regalato una bella emozione.
Ci sarebbe da riflettere un bel pó sul futuro dell´agraria e delle coltivazioni agricole.
Beh, che il Navoti sia con tutti noi e con le nostre Pizze.
Saluti, Merlino