procedimento indiretto "rinforzato": impasto in tre fasi
Ciao ragazzi. Come va?
E' da un po' che non ho l'occasione di parlarvi e ne approfitto adesso condividendo con voi un'esperienza recentemente vissuta: un'esperienza piccola, ma che mi ha lasciato qualche perplessità che adesso voglio sottoporre a voi, nella speranza di stimolare i commenti degli interessati.
Ieri ho avuto il piacere di scambiare due brevi chiacchiere col fornaio presso cui di tanto in tanto mi rifornisco, il quale produce un pane, a base di lievito di birra, che a me piace molto: una sorta di filone soffice ed alveolato dalla crosta dura e bruna, ottenuto principalmente con farina "0" ma tagliato con una percentuale di farina integrale e di semola (immagino per conferire più rotondità al sapore).
Quello che mi ha incuriosito è il procedimento che usa per il suo impasto, ma premetto fin da subito che quanto segue è la ricostruzione che io ho fatto delle sue parole un po' vaghe e frettolose.
Praticamente lui adotta una sorta di "procedimento indiretto rinforzato" (sono io che l'ho battezzato così), perchè realizza l'impasto in tre fasi:
1) parte da un preimpasto (non ho capito se si tratta nello specifico di biga o di poolish);
2) con tale preimpasto realizza poi un impasto "intermedio" piuttosto idratato, perchè ottenuto con tutta l'acqua della ricetta QUASI tutta la farina della ricetta;
3) nell'ultima fase realizza infine l'impasto finale servendosi unicamente, a mo' di rinfresco, della sola farina avanzata dalla fase precedente.
Da quel che ho potuto capire con questo procedimento riesce ad ottenere gli stessi benefici dell'impasto indiretto ma in maniera molto più accentuata, e a sua detta (e anche a rigor di logica) questo valore aggiunto dipende proprio dall'ultima fase.
In effetti sarebbe quasi come se si facesse un doppio preimpasto (o una sorta di pasta da riporto creata ad hoc) e quindi sembrerebbe plausibile, quanto meno a livello teorico, che i benefici dell'indiretto ne risultino intensificati.
Però io non credo che si possa realizzare un qualcosa di notevolemte superiore al risultato ottenuto con un "semplice" indiretto: il mio scetticismo nasce dal fatto che la qualità del suo pane - innegabilmente ottima - non sembra superare quella di qualsiasi altro pane eseguito a regola d'arte col tradizionale procedimento indiretto; inoltre io stesso in passato, durante le mie giocose sperimentazioni, avevo fatto qualcosa di simile... e non ero andato molto lontano.
Eppure, a sentir parlare lui, sembrerebbe che ci sia un guadagno notevole.
Voi cosa ne pensate?
Si tratta di un procedimento noto e/o realmente efficace?
Ciao Polash,
effettivamente è molto curioso questo procedimento e non è contemplato nei testi teorici sulla panificazione. Da come hai descritto sembra che il primo preimpasto sia una simil-biga, mentre il secondo con l'aggiunta di tutta l'acqua, lo trasformi in simil-polish. I fenomeno che potrebbero avvenire (parlo per deduzione), sono quelli di favorire uno sviluppo lattico nella prima fase ed uno acetico nella seconda. Ora il senso di questo io non lo capisco come non capisco in che rapporto possano svilupparsi gli acidi lattico-acetico.
A mio giudizio non ha senso procedere in questo modo, ma potrei sbagliarmi non essendo uno del mestiere. Forse questo procedimento ha senso in termine di tempistiche per la gestione dell'impasto, ma comunque sembra molto strano.
Sicuramente Ramirez saprà dare una spiegazione più scientifica.....se c'è.
Un saluto.
Ciao, Simone.
Grazie per l'intervento.
Sì, sono d'accordo con te: il procedimento è "strano".
Il suo pane è comunque ottimo e lui - che peraltro è una persona umile - è convinto che quella terza fase dia una notevole marcia in più.
Ieri riflettevo sul fatto che in effetti a rigor di logica un terzo rinfresco dovrebbe ricevere un maggiore apporto di lattobacilli, quasi come fosse stato realizzato a base di PdR o LN.
Sarebbe da fare qualche tentativo... trovandone il tempo.
Trovo che questo procedimento sia abbastanza strano .
E' la prima che sento , procedimento laborioso per un panificatore , xchè dall'indiretto diciamo "normale" puoi avere gli stessi benefici , senza complicarsi la vita. Ma comunque se piace a lui , il mondo dei panificatori è pieno di procedure che a volte possono sembrare strane.
Ci sarebbe bisogno di capire le tempistiche e le quantità per avere un ragguaglio più significativo.
Ne approfitto per salutarvi tutti.
Gabriele
Trovo che questo procedimento sia abbastanza strano .
E' la prima che sento , procedimento laborioso per un panificatore , xchè dall'indiretto diciamo "normale" puoi avere gli stessi benefici , senza complicarsi la vita. Ma comunque se piace a lui , il mondo dei panificatori è pieno di procedure che a volte possono sembrare strane.
Ci sarebbe bisogno di capire le tempistiche e le quantità per avere un ragguaglio più significativo.
Ne approfitto per salutarvi tutti.
Gabriele
Ciao, Ramirez.
Grazie del tuo intervento e scusa se rispondo solo adesso.
In effetti non sono riuscito a strappare più informazioni di quelle sopra riportate e continuo a ribadire che si tratta pur sempre di una mia reinterpretazione delle sue poche parole... ma mi sto convincendo sempre di più che quella "terza fase" sia nient'altro che la fase di creazione delle pezzature, durante la quale attraverso le pieghe l'impasto, altamente idratato, viene "asciugato" con l'ausilio di ulteriore farina... cioè, secondo me il tizio, nel calcolo della farina complessiva da impiegare, tiene conto pure di quella percentuale che viene assorbita in quest'ultima fase.
Un saluto a tutti. 😉