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Pane con BIGA di 20 ore

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(@-3306)
Membro Registered

a gentile richiesta di alcuni membri del forum, cercherò di spiegare la metodica con cui ho prodotto il mio pane per quasi 30 anni con il metodo della biga a 20 ore.
La mia esperienza è frutto di prove sul campo, non ho fatto scuole ma letto solo qualche trattato sull'argomento, non utilizzerò termini complicati ed è possibile che molte delle mie affermazioni possano trovare contraddizioni nell'esperienza di altri colleghi ma, ripeto, è tutto "sapere" frutto dell'esperienza.
Per facilitare la lettura dividerò tutto in brevi (spero) paragrafi.

USARE LA BIGA E' COMPLICATO?
no, se si hanno le attrezzature adeguate, altrimenti le variabili nella fermentazione possono complicare molto la lavorazione restituendo un prodotto non sempre in linea con le aspettative.
Se si cerca "costanza" nel prodotto è necessario disporre di una cella a temperatura controllata (Biga Control) ed un refrigeratore dell'acqua. Nel mio panificio mi ero adeguatamente attrezzato, ma nella pizzeria, vista la minima quantità dell'impasto, ho modificato un vecchio frigo a colonna con un termostato e delle resistenze che mantengono la temperatura a circa 20 gradi e tengo sempre una tanica di acqua in frigo.
PERCHE' USARE LA BIGA?
perché l'impasto sarà 10 volte più digeribile, fragrante e gustoso. Per raggiungere questo risultato è necessaria una lunga fermentazione per consentire la trasformazione degli zuccheri presenti nella farina, il lievito "di birra" consente di accelerare la lievitazione ma ne impedisce una corretta fermentazione. Una alternativa alla biga nell'impasto della pizza è rappresentata dalla fermentazione lunga in frigorifero, ultimamente molto enfatizzata ma, secondo me, non restituisce lo stesso risultato e soprattutto non è un metodo compatibile con la produzione del pane.
COME SI PRODUCE LA BIGA a 20/48 ORE?
La dose è molto semplice: una farina prodotta con grani di forza nord americani, con valori compresi fra W320/400 e P/L 0,45/0,55 ed Acqua dal 40% al 50% a seconda delle ore e della temperatura dell'ambiente di riposo, per esempio:
fermentazione di 48 ore in ambiente di 25° = acqua al 40% e temperatura impasto molto fredda
fermentazione di 18/20 ore e riposo a 20° = acqua al 50% e temperatura impasto vicina a quella dell'ambiente di riposo.
Quello che non dovrà mai cambiare è la percentuale del lievito pari a 1%. Nel caso non si disponga di ambiente "fresco" è possibile rallentare la fermentazione unendo alla biga un pò di sale, dal 0,50% all'1%.
Tutto dovrà essere pesato "al grammo", ricordiamoci che parliamo di molte ore di fermentazione, una differenza minima restituisce un risultato molto diverso.
Si impasta "POCO" (in estate va bene anche se presenta tracce di farina non perfettamente unita alla massa) e si ripone in mastelli coperti ma non ermeticamente, al fine di ridurre la formazione di crosta sulla superficie.
Un solo consiglio: "DISPREZZATE" la farina che viene prodotta con l'aggiunta di glutine. E' come "dopare" il pane, si ha un bel risultato alla vista ma gli "effetti collaterali" sono notevoli. Purtroppo molti mulini aggiungono il glutine per "migliorare" farina di scarsa qualità, ottenendo risultati al farinografo degni di farine di alta qualità ma i risultati al palato ed alla digestione dei vostri clienti sarà pessimo.
COME SI PRODUCE L'IMPASTO FINALE?
All'impasto finale si aggiungerà un "rinfresco" di farina, condimento, eventuale acqua e, molto importante, il malto che, come tutti sanno, andrà a compensare gli zuccheri della farinavenuti a mancare a causa dell'azione del lievito... o c'è ancora chi crede che serva solo per dare colore alla crosta? 🙂
La biga andrà utilizzata "in parte" nell'impasto, in base al prodotto che si vuole ottenere. Poichè dovrà accelerare il processo di trasformazione degli zuccheri presenti nella farina del rinfresco, quanta più biga utilizzeremo, migliore sarà il risultato. Ma questo non significa che se tanta biga "fa bene" usare tutta biga faccia meglio...
Ogni pane è diverso per caratteristiche e forma, la scelta della percentuale giusta di biga è quindi fondamentale. Sarebbe impossibile spiegare qui ogni ricetta ma faccio alcuni esempi pratici:
La ciabatta con pochissima mollica, si produce con un'impasto formato da quasi tutta BIGA (max 10% di rinfresco in farina), al quale uniremo il sale e ulteriore acqua fino ad un totale di 65/75% (impasto molto morbido), non si aggiungerà lievito ma è necessaria una quantità di malto compresa fra il 2,5 ed il 3,5% altrimenti l'impasto non lieviterà.
Il Pane all'olio invece l'ho sempre prodotto con 3 parti di biga ed una parte di farina, una consistenza piuttosto soda, aggiungendo, oltre al condimento, del lievito e della pasta acida (conservata dal giorno prima in frigorifero) in misura del 10-15% per dare maggiore “forza” all'impasto.
Ho poi prodotto diversi tipi di pane con percentuali di biga molto più basse, anche di un terzo o un quarto del totale ma, come ho detto, ci vorrebbe una settimana per scrivere qui tutte le dosi.

L'impasto prodotto con l'utilizzo della biga assorbe mediamente meno acqua ed è maggiormente a rischio di “snervamento” causato dall'impastatrice, io ho sempre utilizzato quella a braccia tuffanti per gli impasti più sodi e la spirale per quelli morbidi, facendo sempre molta attenzione alla parte finale dell'impastamento .

Questa è la sintesi della mia esperienza con il pane, che oggi ho trasferito in parte nella pizza alla quale, avendo una lavorazione del tutto differente, ho dovuto apportare molte modifiche prima di trovare una giusta “quadratura del cerchio” ma, vi posso assicurare, che da risultati davvero soddisfacenti.
Qualche giorno fa una mia cliente mi ha detto: “perchè da quando mangio la tua pizza non riesco più a digerire quella che mangio dalle altri parti?” 🙂
Ho risposto: “perchè prima non ne digerivi nessuna e davi la colpa ad altri fattori, oggi ti sei accorta che anche nell'impasto della pizza ci possono essere notevoli differenze” 😉

Se qualcuno ha dei consigli su qualche tecnica da utilizzare con la biga nell'impasto della pizza sarò lieto di ascoltarlo, se invece avete bisogno di chiarimenti su tutte le c@zz@te che ho scritto qui sopra 🙂 sono a vostra disposizione

Citazione
Topic starter Pubblicato : 24/09/2012 11:31
(@9662-33)
Membro Registered

Ciao Paolo e benvenuto! Ho trovato il tuo articolo molto interessante. Io mi diletto nel pane a lievitazione naturale da anni oramai, dopo avere provato anche bighe e LB. Comunque dato che non ho moltissima esperienza con le bighe, per curiosità provero' la tua biga.

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Pubblicato : 24/09/2012 11:37
(@-3306)
Membro Registered

anche io mi dilettavo con il lievito naturale, pensa che lo creavo da zero con miele e banana...
Ma era un lavoro troppo lungo e complicato per poter organizzare una produzione di 3 q.li di farina al giorno.
La biga è il giusto compromesso fra facilità di produzione e prodotto ottenuto 😉

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Topic starter Pubblicato : 24/09/2012 11:42
(@9662-33)
Membro Registered

Idratazione 50% su farina. Ma secondo te sarebbe scomodo in una pizzeria rinfrescare mattina e sera il LN?

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Pubblicato : 24/09/2012 11:52
(@-3306)
Membro Registered

tanto LN = tanta farina + 50% acqua
secondo me si può fare tranquillamente in pizzeria, ma il rischio che si possa sbagliare è alto e poi ti ritrovi a dover dare un pessimo prodotto ai clienti.
Mio fratello lavora per una ditta di fornitura ai panifici, hanno un prodotto unico nel suo genere, LN in polvere che sostituisce completamente il lievito di birra, so che costa una fucilata (tipo 12 euro al kg, da utilizzare al 10% nell'impasto, praticamente un sacchetto al giorno per una pizzeria medio-piccola) ma io non l'ho mai provato

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Topic starter Pubblicato : 24/09/2012 11:58
(@jerry-folino)
Membro Registered

il problema di utilizzare il lievito madre in pizzeria nasce dal fatto che se non si è attrezzati con una cella di lievitazione a temp. controllata, ci si ritrova un lievito che cambia da un giorno all'altro perchè magari una notte fermenta a 30° con il sopravvento di alcuni ceppi batterici e magari il giorno dopo fermenta a 20. troppa differenza tra estate e inverno. il problema nasce proprio dal fatto che essendo la popolazione di lieviti e batteri selvaggia ed in continua competizione, al variare delle condizioni ambientali cambia molto il potere fermentante. io dopo un mesetto di utilizzo ho notato troppi sbalzi. e in pizzeria devi già fare i conti con gli sbalzi di lavoro, non ci si può permettere di trovarsi della pasta non lievitata quando hai picchi di lavoro e poca scorta o troppo lievitata quando ha cali di lavoro.
comunque per ritornare sul topic ho trovato molto interessante il post di paolo.withe, fa piacere l'arrivo sul forum di persone competenti e appassionate che condividono volentieri le proprie esperienze.

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Pubblicato : 24/09/2012 12:46
(@9662-33)
Membro Registered

Basterebbe farla lievitare a temperatura controllata, ad esempio 25 gradi. Ho visto che tra i 22 e 28 gradi a me non da nessunissimo problema, è sempre uguale identica. E questo in ogni casa in cui vado(ho varie case delle vacanze)Certo l'aria non è mai la stessa ma nella pasta madre i micrrorganismi buoni tengono alla larga quelli cattivi a meno che non vi sìa una forte contaminazione (acqua sporca, mani sporche di cacca lavate male etc...)

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Pubblicato : 24/09/2012 13:11
(@gabriele-raimondi)
Membro Registered

"Un solo consiglio: "DISPREZZATE" la farina che viene prodotta con l'aggiunta di glutine. E' come "dopare" il pane, si ha un bel risultato alla vista ma gli "effetti collaterali" sono notevoli. Purtroppo molti mulini aggiungono il glutine per "migliorare" farina di scarsa qualità, ottenendo risultati al farinografo degni di farine di alta qualità ma i risultati al palato ed alla digestione dei vostri clienti sarà pessimo."
X Paolo White
Scusa non sono d'accordo su questa conclusione, quali sono gli effetti collaterali?
Ci sono in giro diverse farine con aggiunta di glutine , alcune addirittura non lo dichiarano sulle confezioni, ma non ci sono mai stati problemi con gli impasti ottenuti da queste farine.

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Pubblicato : 24/09/2012 13:12
(@9662-33)
Membro Registered

Non capisco che differenza faccia se una farina riesca a raggiungere una certa percentuale di glutine senza glutine aggiunto oppure no. Quello che conta è la percentuale, indipendentemente dal fatto che sìa stato aggiunto o meno. La proteina glutine è sempre quella sìa che si trovi già nella farina sìa che la sia aggiunga.

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Pubblicato : 24/09/2012 13:26
(@-3306)
Membro Registered

Per quanto ne so, la dicitura "con aggiunta di glutine vitale di frumento" é obbligatoria, che poi alcuni non lo scrivano é un'altra faccenda.
Parlando per esperienza personale, la classica ciabatta con pochissima mollica, se fatta con farine "normali" resta fragrante per oltre 24 ore, mentre se fatta con farine "aggiustate" tende a diventare gommosa già dopo poche ore.
Ho parlato di risultato al palato ed allo stomaco, ovvero gommosità evidente in masticazione e difficoltà di digestione, che poi il risultato "visivo" non cambi poco importa, almeno secondo me che cerco, prima di tutto, una qualità totale e non solo alla vista.
Ci sarebbe poi da interrogarsi sul perché oggigiorno ci sono così tanti casi di intolleranza al glutine, una malattia che fino a pochi anni fa era quasi sconosciuta.,
Inoltre giudico poco professionale da parte dei mulini macinare un solo tipo di grano ed aggiustarlo poi con artifici vari per ottenere diverse tipologie di farine. Quando ero giovane ho visitato un famoso mulino piemontese che produceva farine i elevata qualità, aveva 12 silos, ognuno con una farina diversa che miscelava sapientemente per garantire un'offerta diversificata ai suoi clienti. Oggi é stato assorbito da un gruppo multinazionale e dubito che lavori ancora così.
Questo é il motivo per cui mi sono permesso di dire "DISPREZZATE", sarò troppo all'antica ma amo i sapori di una volta e pazienza se pagano meno alla vista...

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Topic starter Pubblicato : 24/09/2012 13:53
(@-3306)
Membro Registered

[quote=casalivoinduttivodeduttivo]Non capisco che differenza faccia se una farina riesca a raggiungere una certa percentuale di glutine senza glutine aggiunto oppure no. Quello che conta è la percentuale, indipendentemente dal fatto che sìa stato aggiunto o meno. La proteina glutine è sempre quella sìa che si trovi già nella farina sìa che la sia aggiunga.

La tua potrebbe essere un'osservazione corretta, ma bisogna valutare quale tipo di glutine viene utilizzato e cos'altro viene aggiunto per bilanciare correttamente il prodotto finale.
Quando una farina é "naturale" ti garantisce un buon risultato gustativo, quando é "aggiustata" ne garantisce prima di tutto uno visivo.
Poiché in fase di acquisto non puoi sapere in che mani sei "caduto" io acquisto a priori da chi mi garantisce un prodotto "naturale", con a mia esperienza riesco sempre ad ottenere un buon risultato, quando invece mi trovo di fronte a prodotti bilanciati chimicamente e che reagiscono in modo del tutto innaturale, vado in difficoltà.
Credetemi, in 30 anni di attività ne ho visto di cotte e di crude, ho rispedito al mittente tanta di quella farina che nella mia pizzeria non consumerei nemmeno in 10 anni...

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Topic starter Pubblicato : 24/09/2012 14:03
(@9662-33)
Membro Registered

Ci son o farine migliori e altre peggiori. Comunque l'aggiunta di glutine a una farina che ha troppo poche glutenine rispetto alle gliadine non mi pare nulla di male.E' sempre glutine e non credo che sia contaminato. Ma per quanto riguarda la naturalità di una farina è impossibile valutarla senza strumenti. Non puoi con il tatto e la vista riconoscere se in una farina ci sono contaminazioni di sostanze tossiche.

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Pubblicato : 24/09/2012 14:15
(@-3306)
Membro Registered

Per ottenere un certo risultato sono necessarie farine con determinate caratteristiche. Le stesse possono essere ottenute miscelando vari tipi di grani oppure aggiustando chimicamente un grano di qualità inferiore. Per quanto sia bravo, un chimico può ottenere solo un risultato "vicino" a quello naturale ed io non ho dubbi sulla scelta di utilizzare farine non aggiustate chimicamente.
Impastando 3 q.li di farina al giorno per quasi 30 anni, mi rendo conto dopo pochi impasti se una determinata farina sia aggiustata oppure no, me ne accorgo da come reagisce ad eventuali variabili in fase di impasto e, ancor di più, mangiando il prodotto finale.
Io ho consigliato di disprezzare tali farine perché sono un cultore del prodotto "naturale" e non disprezzo chi utilizza farine con aggiunta di glutine oppure aggiunge miglioratori all'impasto ma, capitemi, faccio una distinzione netta fra i due modi di lavorare, é come partecipare alla stessa gara ma in due categorie differenti.

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Topic starter Pubblicato : 24/09/2012 14:35
(@alessio-2)
Membro Registered

ciao paolo....
una domanda...
cosa da e cosa toglie usare una % piu' o meno alta di biga?

io nn l'ho fatta molte volte e quindi nn sono molto esperto in questa lavorazione...
per quanto riguarda il lievito dici 1% sulla farina (es 1 kg farina 500 gr acqua 10 gr lievito).non e' un po' troppo se poi quando la vai a chiudere ci metti anche il malto?
ovvio si deve vedere di stagione in stagione pero'...a me sembra troppo...
ciao

ale

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Pubblicato : 24/09/2012 14:38
(@9662-33)
Membro Registered

A me sembra strano che impastando riesci a vedere se è stato aggiunto glutine. Come fai a distinguere il glutine aggiunto da quello della farina? Eì la stessa proteina, ha la stesso formula molecolare. Forse la spiegazione puo' essere che MEDIAMENTE le farina aggiunte di glutine siano piu' scadenti perchè prodotte da molini che selezionano poco i grani. MA ALLORA IN TAL CASO IL GLUTIE AGGIUNTO NON SAREBBE LA CAUSA, sarebbe solo un co-effetto(assieme all'effetto FARINA SCADENTE) della seguente causa:molino che seleziona poco. La stessa causa causa anche l'effetto FARINA SCADENTE. Sei daccordo?

RispondiCitazione
Pubblicato : 24/09/2012 14:39
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