impasto alta idratazione
salve gente mi chiedevo
quando faccio l'impasto al 85% d'idratazione
lo faccio partire duro,diciamo al 55% in quel momento mi si forma una bella palla incordata e in quel momento metto l'acqua
a volte capita che dopo aver messo l'acqua a volte mi rimane appiccicoso,dal momento che lo scarico e' abbastanza colloso
ma dopo che passano un paio di minuti diventa bello elastico
mi chiedevo dal momento che viene formato il glutine se viene messa l'acqua questo va a rompersi o no?
questo impasto quando lho tirato fuori dall'impastatrice era molto colloso dopo 10 minuti e' diventato cosi
http://www.youtube.com/watch?v=RFEtBSTP2Lo
dubito che tu possa avere una risposta certa, ti racconto un piccolo aneddoto cercando di riassumere:
circa 20-25 anni fa leggo il mio primo libro sul pane, "scienza e tecnica della panificazione" se non ricordo male scritto da Giolitti. erano i primi tempi di analisi tecniche delle metodiche e ricordo un tratto molto importante: "l'acqua aggiunta all'impasto quando il glutine si è già formato, non contribuisce a tale processo bensì riduce la forza dell'impasto, pertanto si deve iniziare ad impastare mettendo subito tutta l'acqua". Ho sempre seguito questa regola ma un giorno mi sono scontrato con una farina che non ne voleva sapere di legare con idratazioni molto alte obbligandomi a ridurle. Il mulino all'epoca si avvaleva dei consigli di una giovane tecnologa molto in gamba la quale mi dice che sbaglio e che devo aggiungere 1/3 dell'acqua in un secondo tempo. Nonostante vada contro la mia regola, faccio la prova ed effettivamente riesco a legare bene l'impasto, il risultato però è un'impasto un pò fiacco. Lo faccio presente alla tecnologa raccontando quanto riportato sul libro, mi risponde che conosce Giolitti ma che la metodica da lei indicata era corretta. Continuo seguendo le sue indicazioni fino a quando finisco la partita di farina. Quando mi consegnano una nuova partita mantengo tale procedura ma l'impasto è sempre fiacco, provo a tornare alle mie vecchie abitudini ed il risultato è ottimo.
Quella tecnologa si chiamava Simona Lauri...
Non posso dirti se sia una metodica corretta oppure no, posso però dirti che, secondo la mia esperienza, l'impasto con acqua "aggiunta" risulterà meno "nervoso" e che per la pizza potrebbe anche essere un bene, ma per il pane no
[quote=paolo.white]dubito che tu possa avere una risposta certa, ti racconto un piccolo aneddoto cercando di riassumere:
circa 20-25 anni fa leggo il mio primo libro sul pane, "scienza e tecnica della panificazione" se non ricordo male scritto da Giolitti. erano i primi tempi di analisi tecniche delle metodiche e ricordo un tratto molto importante: "l'acqua aggiunta all'impasto quando il glutine si è già formato, non contribuisce a tale processo bensì riduce la forza dell'impasto, pertanto si deve iniziare ad impastare mettendo subito tutta l'acqua". Ho sempre seguito questa regola ma un giorno mi sono scontrato con una farina che non ne voleva sapere di legare con idratazioni molto alte obbligandomi a ridurle. Il mulino all'epoca si avvaleva dei consigli di una giovane tecnologa molto in gamba la quale mi dice che sbaglio e che devo aggiungere 1/3 dell'acqua in un secondo tempo. Nonostante vada contro la mia regola, faccio la prova ed effettivamente riesco a legare bene l'impasto, il risultato però è un'impasto un pò fiacco. Lo faccio presente alla tecnologa raccontando quanto riportato sul libro, mi risponde che conosce Giolitti ma che la metodica da lei indicata era corretta. Continuo seguendo le sue indicazioni fino a quando finisco la partita di farina. Quando mi consegnano una nuova partita mantengo tale procedura ma l'impasto è sempre fiacco, provo a tornare alle mie vecchie abitudini ed il risultato è ottimo.
Quella tecnologa si chiamava Simona Lauri...
Non posso dirti se sia una metodica corretta oppure no, posso però dirti che, secondo la mia esperienza, l'impasto con acqua "aggiunta" risulterà meno "nervoso" e che per la pizza potrebbe anche essere un bene, ma per il pane no
ciao paolo
poco tempo fa avevo letto un articolo di simona lauri dove infatti diceva di farlo partire duro e mettere i restanti di acqua dopo ti posto l'articolo
definiamo quindi gli ultimi punti dello studio inerente ai metodi dell’impasto nella panificazione. In questo numero ci soffermiamo sul punto 4,a continuazione degli articoli pubblicati a Luglio, Settembre, Ottobre, Novembre.
4.5.6. Non è un caso se questi ultimi tre punti sono analizzati e considerati insieme in quanto l’acqua come ingrediente ha sia una sua modalità d’introduzione sia un preciso ordine. Per quanto riguarda l’introduzione dell’acqua nell’impasto, il problema si presenta soprattutto per gli impasti molli cioè per quegli impasti che per loro tipologia sono costituiti da un quantitativo di acqua oltre il 60% e non desta invece grande preoccupazione e/o difficoltà per gli impasti definiti duri oppure per i morbidi. Quando si lavorano impasti molli, l’aggiunta dell’acqua deve avvenire lentamente e con gradualità. In linea di massima si consiglia di introdurre inizialmente solo ¾ della dose d’acqua prevista dalla ricetta lasciando l’ultimo ¼ ad un’aggiunta successiva. Una parte di quest’ultimo quantitativo è generalmente introdotta all’inizio della seconda velocità, immediatamente dopo l’aggiunta di sale, procedendo poi con l’aggiunta a “filo” della restante quantità. L’introduzione repentina della totalità della dose d’acqua immediatamente nella fase iniziale dell’impastamento, può portare a problematiche legate sia a difficoltà di formazione della struttura glutinica e/o sfaldamento dell’impasto sia ad un’estrema appiccicosità dello stesso contro le pareti e la vasca dell’impastatrice ecc. Da ciò deriva l’inevitabile allungamento dei tempi d’impastamento con i ben noti effetti che ne conseguono. La stessa problematica si può presentare per gli impasti la cui formulazione prevede la presenza di un elevato quantitativo di burro, uova, canditi, zucchero ecc. La tempistica e l’ordine d’introduzione degli ingredienti diventano non solo un modo corretto per operare la fase dell’impastamento, ma una fondamentale ed importante sequenza operativa atta a garantire la corretta formazione della struttura glutinica. Nel caso in cui si presenti un impasto, come si dice in gergo “disfato”, si noterà appunto un’estrema appiccicosità alle pareti ed al fondo della vasca dell’impastatrice, una struttura sfaldata del glutine ecc. In questo caso si verifica la rottura e/o la mancata formazione della struttura glutinica; le conseguenti successive fasi della “ricostruzione” posso risultare alcune volte, abbastanza problematiche, soprattutto se si è in presenza di particolari impasti. La difficoltà consiste proprio nell’aumento dei tempi d’impastamento per operare la ricostruzione; tempi che la maggior parte delle volte non sono compatibili con la formazione di una pasta omogenea, liscia ed uniforme, ma causano solo un riscaldamento eccessivo dell’impasto con tutte le implicazioni negative che esso comporta sulle proprietà reologiche della struttura stessa. Più s’impasta, più si scalda e più l’impasto si disfa! A questo punto, per avere un immediato riferimento visivo di come si può presentare un impasto disfato o con difficoltà di formazione, si considerino le foto6 e foto7. La foto6 mostra un impasto molle nel quale è stata aggiunta tutta e repentemente nei minuti iniziali, l’acqua necessaria, mentre nella foto7 un impasto “disfato” per troppa fretta nella modalità operativa dell’impastamento.
Foto6: Impasto estremamente appiccicoso. Foto7: Impasto “disfato”
Invece la tabella 3 che segue, riferita alla preparazione di un generico dolce con lievito naturale a due impasti, vuole essere solo un esempio ed un piccolissimo suggerimento/aiuto per Chi è alle prime armi e desidera produrre questo tipo di impasto. In ogni caso si lascia all’esperienza pratica dei più esperti la variazione e la valutazione di una differente metodica/ordine di introduzione degli ingredienti in funzione di un determinato e specifico prodotto.
tab.3: Ordine progressivo ingredienti primo e secondo impasto.
Con quest’articolo si è cercato di affrontare con estrema semplicità e molto sommariamente, alcune delle maggiori problematiche legate alla tecnica dell’impastamento nel tentativo, in ogni caso, di dare solamente dei piccoli suggerimenti. La presentazione teorico – pratica sia della problematica sia della soluzione vuole abituare ad un approccio più analitico del problema e costringere a sempre maggiori riflessioni rimandando, comunque ed in ogni caso, a testi più specifici la trattazione dei fenomeni chimico – fisici e fisici legati alla strutturazione dell’impasto ed alla implicazione che ciascun ingrediente ha nella formazione della complessa ed eterogenea struttura. Resta in ogni caso la consapevolezza che l’impasto è sicuramente una struttura molto difficoltosa da studiare in quanto rappresenta proprio un’estrema complessità ed eterogeneità oltre ad essere fortemente instabile e soggetta a troppe variabili.
che sostanzialmente conferma quello che ho scritto.
Proprio nel finale chiarisce che "l’impasto è sicuramente una struttura molto difficoltosa da studiare in quanto rappresenta proprio un’estrema complessità ed eterogeneità oltre ad essere fortemente instabile e soggetta a troppe variabili", si tratta quindi di applicare la propria esperienza in base alle metodiche utilizzate ed il risultato che si vuole ottenere